giovedì 10 luglio 2014

Coppie suicide. Quando gli scrittori hanno trascinato con loro nell'estrema tragedia i coniugi amatissimi. Dall'antica Roma agli orrori della seconda guerra mondiale, quando l'amore si lega alla morte.

Sarà che l'estate stimola il mio senso del macabro, sarà che ho appena finito di leggere "Il sole si spegne" di Dasai Ozamu, ma la mia mente ha partorito questa peculiare idea per un post: gli scrittori che si sono suicidati col proprio consorte.
 Sembra una particolarità, in realtà ben più d'uno ha deciso di portare il coniuge (consenziente s'intende) nella tomba. Pur comprendendo la frase per cui l'amore è più forte della morte, il non posso vivere senza di te e via dicendo, la ricorrenza di una situazione del genere mi ha dato da pensare, così tra ricordi e scartabellamenti ho trovato alcune significative coppie che possono spiegare col loro doppio sacrificio i motivi di una decisione così irreparabile.
 Da Roma antica alle tragedie della seconda guerra Mondiale ecco una rapida carrellata delle coppie che hanno deciso di avviarsi verso la fine assieme.


PAOLINA E SENECA:
 Alle superiori, raramente, mi capitava di avere le versioni talmente lunghe che persino il libro di testo finiva per avere pietà di me e le spezzava in due. Una di quelle che ricordo con maggior ardore era "Morte di Seneca I" "Morte di Seneca II" (la vendetta). Il povero Seneca, per carità reo di aver cresciuto uno psicopatico e di rompere continuamente le palle a Lucilio coi suoi non richiesti consigli di vita, fu infatti in vecchiaia condannato a morte da Nerone con l'accusa di essere coinvolto nella congiura dei Pisoni. 
 Siccome l'imperatore pretendeva, ma non si sporcava le mani, lo costrinse al suicidio che per l'anziano fu lungo e penoso (appunto per quello servirono due versioni per descriverlo). Egli infatti si tagliò le vene, ma senza riuscire a morire dissanguato, poi bevve della cicuta, ma anche lì niente, manco fosse il cattivo di un horror, infine infilato in una vasca che aiutasse a far defluire il sangue spirò. Il vecchio Seneca aveva una seconda moglie, giovane e bella, tale Paolina che sembra lo amasse molto e volendo condividere il destino del suo amato cercò anch'essa di suicidarsi tagliandosi le vene. Tuttavia non vi riuscì, sadico come la storia ci ha tramandato, Nerone fece qualsiasi cosa per salvarla perché potesse vivere una vita di dolore e rimpianto. Così almeno raccontano le cronache.

DAZAI OSAMU e TOMIE YAMAZAKI: 
Dal film "Villon's wife" sulla vita di Dazai Osamu
Vero ispiratore di questo post, mi ha sconcertato per la quantità di tentativi di suicidio che hanno costellato la sua esistenza
 Aristocratico giapponese tormentato e dissoluto (peraltro tormentato e dissoluto perché aristocratico giapponese) aveva non solo la fissazione del suicidio, ma precisamente del suicidio di coppia. Iniziò con una barista Shimeko Tanabe, ma morì solo lei, poi con la prima moglie Hatsuyo Oyama, rea di averlo tradito col suo migliore amico. Anche questo tentativo fallì, fortunatamente per entrambi. Infine, quando ormai era sposato con la seconda moglie e padre di tre figli, dopo aver dato alle stampe "Il sole si spegne" in cui il protagonista maschile, aristicratico decaduto e dissoluto e dedito all'oppio e all'alcol, si suicida, si uccise assieme alla sua ultima amante Tomie Yamazaki. Aveva trentanove anni e tutto ciò che ci rimane di lui sembra qualcosa di strappato con forza al demonio.
 La concezione del suicidio in Giappone è molto diversa dalla nostra e anche quella del suicidio di coppia, in non poche opere di narrativa viene vissuto come l'unica scelta possibile davanti a qualche evento catastrofico. Lo è ne "La croce buddista" di Tanizaki quando il triangolo tra moglie, amante donna di lei e marito diventa indissolubile e letale e fa capolino persino in Banana Yoshimoto in ben due libri "Moshi Moshi" e "H/H". Mah, una volta tanto felice di non vivere in giapponia.

ANDRE' GORZ e DORINE:
 Di loro e della loro meravigliosa storia d'amore, ho già parlato con il post per un piccolo libro per piccolo tragitto, la bellissima "Lettera a D." un elogio carico di ricordi e di nostalgia che lo scrittore e filosofo scrisse in vecchiaia per sua moglie Dorine. Conosciutisi giovani lei inglese, lui francese di origine austriaca, scampato in quanto ebreo per un pelo alla follia nazista, rimasero insieme tutta la vita in un sodalizio a cui Gorz rende omaggio in questo libretto. Dorine non era la classica grande donna dietro un grande uomo, lui le riconosce un ruolo imprescindibile nella sua vita, senza la quale non sarebbe mai riuscito a diventare un intellettuale. Lavorava quando lui scriveva e non guadagnava nulla, lo spronava invitandolo a non rinunciare mai. Fu un grande amore che terminò nel 2007 quando decisero di porre fine ai loro giorni insieme, perseguitati dalla vecchiaia e soprattutto dalla malattia di lei. In "Lettera a D." aveva scritto: "Vorremmo non sopravvivere l'uno alla morte dell'altro. Ci siamo detti che se, per assurdo, dovessimo vivere una seconda vita, vorremmo trascorrerla insieme".

STEFAN ZWEIG E LOTTE ALTMANN:
Lo scrittore, pacifista ed europeista Stefan Zweig si suicidò nel 1942 sconvolto dal crollo della civiltà che sembrava irreparabile nel mezzo della seconda guerra mondiale. Nato da una ricca famiglia ebraica scrisse moltissime biografie di elevato valore e viaggiò mantenendo contatti con gli intellettuali della sua epoca. Si sposò due volte, la seconda con Lotte Altmann la sua giovane segretaria che condivise con lui il suicidio disperato. Non è facile immaginare la portata dell'orrore che deve essersi scatenato nella mente di uno scrittore che aspirava alla pace e vide i suoi libri bruciare nei roghi nazisti. Pur in salvo in America, non resse a lungo gli orrori di una guerra lontana eppure a lui vicinissima, così lui e sua moglie, in una sera d'inverno, durante il carnevale, si sdraiarono sul letto abbracciati dopo aver bevuto del veleno, troppo tristi all'idea di un mondo che stava finendo.

ARTHUR KOESTLER e CYNTHIA JEFFERIES: 
Il suicidio dello scrittore e giornalista assieme a sua moglie alla moglie Cynthia Jefferies, racchiude motivazioni che riassumono quelle di tutte le storie precedenti. 
Vecchio e malato, condannato a morte e salvato durante la guerra civile in Spagna, già profondamente depresso (con tentativo di suicidio annesso) in passato a causa della pessima accoglienza del libro frutto del suo allontanamento dal comunismo: "Buio a mezzogiorno". La storia che narrava il dramma di un uomo del partito bolscevico vittima dello stesso regime che aveva contribuito a fondare gli causò un pesante ostracismo.
 Col tempo si riprese, ebreo, scappò in Inghilterra durante la seconda guerra mondiale e lì rimase per sempre. Poi nel 1983 il suicidio. La moglie Cynthia, sua segretaria, di vent'anni più giovane e non malata lo seguì perché, come lasciò scritto "Non posso vivere senza Arthur, nonostante certe mie interne risorse". Fu un suicidio progettato nell'arco di un lungo anno, "Da quando, giugno 1982, mia moglie ha deciso che dopo 34 anni di lavoro comune lei non poteva sopportare la vita dopo mia morte". Afflitto da vari mali incurabili, aveva rimandato a lungo il suicidio per il pensiero del dolore che avrebbe arrecato agli amici e alla moglie e quando lei decise di seguirlo si lasciò andare.

 Sono stata abbastanza macabra? Scherzi a parte, anche questa è storia della letteratura e del libro e dimostra come il dolore e gli orrori della storia possano annientare gli animi più sensibili e i loro affetti.

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