domenica 31 agosto 2014

I favolosi racconti Sperling Privé #2. Leoni, leonicini e leonesse, modelle che sposano operai, magistrati in Africa e tante punizioni.

Ed ecco il secondo riassunto di uno dei favolosi racconti Sperling Privé che ho avuto la fortuna di leggere questa estate (per sapere di cosa sto parlando vai al post "I favolosi racconti Sperling Privè. Un riassunto a fumetti tra pericolo, sesso allo specchio, praticanti avvocato eterne, cani, pump e nemici da agenda."). Purtroppo è il secondo e ultimo perché non posseggo tristemente gli altri e adesso hanno smesso di pubblicarli sul giornale :(
Vabbeh, godetevelo! Buona lettura!




sabato 30 agosto 2014

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Dubbi"

Ecco la seconda vignetta della settimana, domani scriverò eccezionalmente un post.
 Si tratta di una cosa realmente avvenuta di vita quotidiana. Potrebbe fare il paio con Ruoli e mestieri secondo il padre della domenica.
Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Dubbi".



venerdì 29 agosto 2014

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "La triade"

In questi giorni sembro lavativa, in realtà semplicemente la mia casa per questa estate si è tipo trasformata in un ostello della gioventù e ho amici, amiche e parenti che vanno e vengono vampirizzando il mio divano e le mie giornate in nome del "Fammi vedere la città!" (Zerocalcare significativamente disegna gli ospiti come gli orchetti de "Il signore degli anelli"). 
 Siccome già ieri ho saltato, dimostro la mia buona volontà postando almeno una vignetta.
 Protagonista una di quelle classiche sciure di una certa età che si credono profonde perchè sparano interessi stratosferici. Talmente stratosferici da essere palesemente falsi.
Ah, in molti mi chiedete se davvero rispondo queste cose. Vi svelerò un segreto: la gente non ascolta realmente quello che gli altri dicono. Non solo, se partono già credendoti una cretina ti ascolteranno ancor meno. Che poi è il motivo per il quale quando mi chiedono: dove si trova la sezione xxx? Mi ritrovo a doverlo ripetere almeno tre volte che le prime due, non si sa perché, fingono solo di ascoltarmi.
 Ah, la signora alla fine se n'è andata con un libro di Galimberti che non c'entrava niente.
Cose realmente avvenute! Lo giuro! "La triade".



Ps. Sono riuscita ad acquistare una delle copie dell'edizione variant del nuovo libro di Zerocalcare! E per uno strano caso del destino oggi in fumetteria ho trovato anche una copia variant di "Dodici". Ora ho terminato il mio budget per "le cose che non sono cibo" del mese.

giovedì 28 agosto 2014

Il nuovo podcast (ora Poecast) sulla classifica dei libri della settimana 25/8/2014. Cardellini, gialli, yung adult, premi Strega e molto lovvv per Camilleri.

Presa ancora dai fumi del caffè, ecco che vi il post surprise della giornata.
 Io e lo spettro di Ishan del blog Scrittevolmente La follia del giullare abbiamo fatto un podcast sulla classifica libri della settimana (presa da LaStampa presa a sua volta da Tuttolibri). 
 Allora, il primo podcast si chiamava Necronomicast, poi lo spettro si è accorto che esisteva già, allora l'ha chiamato Poecast, ma esiste pure questo, non so bene cosa inventerà la prossima volta, ma vabbeh.
 Mi scuso preventivamente per:
1) L'accento
2) Aver detto Yung Adult (malgrado nonostante il mio inglese osceno che si dica Yang almeno quello lo so)
3) Aver letto un solo libro della classifica
 Chiunque abbia letto gli altri mi faccia sapere se gli va cosa ne pensa.
 Baci, abbracci e buon ascolto!
(Per ascoltare i nostri deliri basta cliccare sul link sotto).



martedì 26 agosto 2014

Quando (tristi) film si avverano e ignoti lavoratori muoiono. "La vita è meravigliosa", Philip Marlowe e lo spirito di un'epoca. Recensione pensierosa de "Il lungo addio" di Chandler

 Ci sono un certo numero di film che per quanto superfamosi molti di noi non hanno mai visto. 
 Al mio carnet personale per dire, mancano colpevolmente "Flashdance" e "Via col vento" e posso annoverare "Dirty dancing" solo perché una mia amica alle superiori venne a trovarmi a casa, mentre ero convalescente per un'operazione cretina, e mi costrinse a vederlo. Era (è ancora e lotta insieme a noi in Africa in un ong) una ragazza casa, studio, chiesa e oratorio, ma qualcosa era fatalmente scoccato nel suo cervello quando canale 5 aveva mandato in onda i balletti porcarecci con Patrick Swayze al meglio della sua forma. Dal momento in cui lui aveva detto che "Baby non poteva essere messa in un angolo" lei aveva deciso che si sarebbe fatta chiamare solo Babi.
 Comunque, circa tre anni fa, mentre mi deprimevo al chiuso di una casa di una cittadina deprimente, alle soglie del natale, decisi, per tirarmi su il morale di vedere "La vita è meravigliosa" immaginando una storia di adorabili buoni sentimenti, alberi di natale e zuccherosità anni '50.
Erroneamente conosciuta come "La vita è una cosa meravigliosa"
 Rimasi sconcertata nell'apprendere che si trattava in realtà di una sorta di film premonitore sui mutui subprime e sulla finaccia che avremmo fatto.
 Nessuno me lo aveva detto ma la trama (tratta da un racconto di Philip Van Doren Stern), vedeva un onesto lavoratore che per amore della famiglia e del prossimo non si era mai allontanato da casa, rinunciando ad università e viaggi, diventare una sorta di ultimo baluardo davanti all'inarrestabile avanzata del potere finanziario. 
 Titolare di una piccola banca (o un piccolo istituto di credito non identificato) era l'unico a lottare contro l'avanzata dello strapotere del capitalista detentore di una gigabanca e della maggior parte delle case, mr Henry Potter (sì, mi fa troppo ridere, Henry Potter), il quale mirava a far indebitare il prossimo (tramite la stipulazione di mutui troppo elevati) per nutrire la sua banca di sugosi interessi. 
Nel futuro la città è interamente in mano a Henry Potter
che indebita i cittadini a suon di case troppo grosse e
divertimenti di pessimo gusto. Ci ricorda qualcosa?
Sostanzialmente nella storia, il buon lavoratore per un motivo stupido non ha più una somma fondamentale per la sua minibanca e decide di suicidarsi.
Arriva un buon angelo che per distoglierlo dall'intento gli mostra come diventerebbe il mondo se lui si uccidesse ovvero un posto di perdizione, divertimento, indebitamento ed egoismo. Sostanzialmente, e qui sta la cosa agghiacciante del film, sarebbe diventato il NOSTRO mondo attuale. Evidentemente se siamo giunti al funesto risultato paventato da questo strano film americano/socialista, nella realtà quel qualcuno che avrebbe potuto fermare l'avanzata del delirio invece di farsi salvare da un angelo, è saltato giù dal ponte ed è morto.
 Ma vabbeh, a cosa serve questo preambolo? A presentare lui, Philip Marlowe, la creatura investigativa di Raymond Chandler che non ha certo bisogno di essere consigliata da me, ma che voglio recensire comunque a nome del lavoratore ignoto che ha deciso di morire invece di salvarci.
 Non ho mai avuto molta passione per i film moderni che scimmiottano gli anni '50 (tipo "The black Dalia" o "L.A. Confidential") perché li ho sempre trovati mostruosamente finti. Puoi metterci tutti i vestiti fichi dell'epoca, puoi scenografare alla perfezione le strade, ma c'è qualcosa che non può proprio funzionare. L'animo. 
 Raymond Chandler ha creato un personaggio fantastico, Philip Marlowe ed è riuscito ad intrappolare tra le sue righe lo spirito del tempo. 
 Non sono solo le descrizioni, le donne fatali e amorali, gli uomini che si infilano in intrighi all'epoca sordidissimi, attualmente quasi risibili (basti pensare che "Il grande sonno" verte su un commercio di libri pornografici gestito da un omosessuale, libri (!), non la possibilità di ambientare una trama in un'epoca pre-ris pre-tecniche scientifiche pre-mezzi di comunicazione, la forza di Chandler, ciò che gli permette di essere ancora favoloso cinquant'anni dopo, è il talento che gli ha permesso di intrappolare lo spirito di quel lavoratore ignoto.
Lo so, è errato pensare al personaggio di un libro, come al
suo corrispondente nel film. Ma cavolo, Bogart era perfetto!
  Nei suoi libri marlowiani, pieni di fumo, uomini duri che in realtà sono mammole presto stritolate da uomini molto più duri di loro e da donne bellissime che sono tutto tranne che indifese, Chandler ferma un'epoca a suon di straordinaria ironia.
 Marlowe è un ex poliziotto, investigatore privato, con pochi soldi, ma guadagnati, un'etica molto forte che non baratta neanche a costo di finire in galera o prendere qualche ceffone. Indaga anche quando non gli tocca o non lo pagano perché sente che in fondo gli tocca e lo tocca. Non conosce profittazione e disdegna il profitto, ai numerosi che accumulano denaro in modo illecito (o in modo lecito ma comunque disprezzabile) e lo trattano con sufficienza perché lavora in una topaia e guadagna appena di che vivere, risponde integro che la vita è la sua e sa come badarci. Non è un santo, non aspira ad esserlo e prova una sorta di sufficienza nei confronti degli altri che si affannano  a mostrarsi grandi fidando solo sulle loro montagne di denari o di conoscenze. 
Mi ha colpito molto, tanto, tantissimo, "Il lungo addio" perché è uno strano libro. E' un giallo con delitto efferato, trama complicatissima e colpi di scena praticamente fino all'ultima pagina. La trama è intessuta talmente bene che Chandler avrebbe potuto continuare a rivoltarla a oltranza a suo piacimento. Ma la forza, enorme, di questo romanzo che si divora tutti quei nostri autori contemporanei in grado solo di infilare una scena splatter dietro l'altra, un'angoscia dietro l'altra, omicidi inquietanti descritti nei minimi scientifici particolari come se l'orrore fosse funzionale al mistero, sta nella forza del tema di fondo.
 Ne "Il lungo addio" si parla di un delitto e non è l'omicidio.
 Basti leggere l'inizio. Un bell'uomo dal volto segnato da cicatrici su una guancia, i capelli bianchi e i lineamenti giovani, non riesce ad entrare in un taxi perché troppo ubriaco. Una donna bellissima vicino a lui non è in grado e in fondo non vuole aiutarlo, così lui si abbandona al suo stato, come rassegnato.
 Marlowe passa di lì, li vede e appurato che la donna è bellissima e probabilmente ricca, fissa la sua attenzione su di lui. Chi è quell'uomo dal volto strano? Perché è lì? Perché si abbandona con tale tristezza? E non può fare a meno di aiutarlo. Non è carità, ma una fascinazione istantanea, una sorta di colpo di fulmine.
 Nella vita esistono un certo numero di persone di cui cogliamo sin dal primo istante l'importanza che avranno nella nostra vita (di molte altre ci sfugge per carità). Non si sa perché, ma basta vedere questo sconosciuto o sconosciuta per sapere che diventeremo amici, che potremmo amarli, che ci rovinerà l'esistenza, che cambierà vagamente in meglio o in peggio il corso della nostra vita. Non avviene sempre, ma alcune volte fatalmente sì.
 Marlowe lo avverte e immediatamente intesse un'amicizia fortissima, a cui neanche lui sa davvero dare una spiegazione. Perché rischiare il carcere, le botte, la licenza e la vita per un uomo? Eppure, instancabilmente, guidato solo dalla vaga percezione che DEBBA farlo, che se non lo facesse verrebbe meno ai suoi doveri morali, subisce tutto, accetta tutto, combatte senza sosta. E non posso raccontarvi il finale che sarebbe una metafora perfetta per spiegare il mio preambolo iniziale sul lavoratore ignoto che ha scelto di morire invece di salvarci.
 Marlowe è l'incarnazione letteraria di uno di quei lavoratori e la cosa fantastica è che, al contrario del protagonista de "La vita è meravigliosa" che praticamente è un santino, lui ha le sue debolezze e paturnie e soprattutto un modo di fare favoloso che basta, ho deciso di adottare anche io nella mia esistenza.
 Voglio essere capace anche io di accostarmi ad un inseguitore molesto e proferire le seguenti frasi:

 "Mi chiamo Marlowe, sono il tizio a cui state dietro da due giorni"
 "Non sto dietro a nessuno io"
"E' la vostra bagnarola che lo fa comunque. Può darsi che siate incapace di controllarla. Come preferite. Ora vado a far colazione nel caffè qui vicino: succo d'arancia, uova al prosciutto, pane tostato, miele, tre o quattro tazze di caffè e uno stuzzicadenti. Poi salirò in ufficio, al settimo piano dell'immobile qui di fronte. Se c'è qualcosa che vi turba oltre il limite della sopportazione, venite pure su a scambiare quattro chiacchiere, sarò lì a oliare il mio mitra."
 
Sbatteva ancora le ciglia quando mi allontanai. Venti minuti dopo cercavo di stabilire una corrente d'aria in grado di eliminare dal mio ufficio il tanfo del profumi "Soirée d'Amour in dotazione alla donna delle pulizie.

E' perfetto tutto. Dalla minaccia seria e ironica al contempo all'accostamento tra due azioni ugualmente quotidiane per un investigatore privato: trattare con un inseguitore e arieggiare l'ufficio dal tanfo della donna delle pulizie.
 Non so come dire, ma vorrei essere come Marlowe e vorrei che molti altri esseri umani che mi circondano lo fossero. Un po' meno giudicanti, un po' più ironici, meno pesanti, più responsabili (e per responsabile intendo solo dire "Sì oh, la colpa in questo caso è mia. Ho sbagliato"). Magari così si evita che qualche altro film su strani futuri apocalittici si avveri.
 In ogni caso, buon Marlowe!

lunedì 25 agosto 2014

Le migliori librerie della mia gggggiovane vita. I posti dove i miei ricordi librari hanno casa, da Darkover, alla prova di coraggio, dall'infanzia a Dragon Ball, perchè la libreria è un luogo dell'anima

Premetto che stavo scrivendo un preambolo all'intervista che ho fatto ai librai della mia libreria favorita, quando mi sono accorta che tra un ricordo e l'altro ero arrivata a tipo cinquanta righe e mi sono fermata. Mi sono resa conto che ok, lavoro in libreria, ok, questo è un bookblog, ma di una cosa non avevo mai ancora parlato: le librerie favorite della mia gggggiovane vita.
Tutte le volte che penso all'importanza dell'accesso ai libri
mi viene in mente "Il primo uomo" di Camus, da cui è tratto
codesto frame. Se non lo avete letto smettete di leggere questo
post e correte in una libreria o biblioteca.
 Tutti coloro che leggono (o passano casualmente) questo blog, a scanso di neonati prodigio, sono persone che nel bene o nel male hanno raggiunto l'età della ragione e sono quasi certamente lettori appassionati (spero almeno), perciò avranno avuto la ventura nella loro vita di incrociare librerie che per vari motivi hanno colpito il loro animo o sono state importanti nella loro esistenza.
 Ci sono molti motivi per cui si può amare una specifica libreria, si va dal libraio che ci ha aperto le porte della percezione consigliandoci alcuni tra i libri più belli della nostra vita, al baluardo di cultura e speranza nel niente cosmico di lande desolate (che non tutti abitiamo o abbiamo abitato in città popolose colme di possibilità), alla fumetteria (che per me null'altro è che una libreria specializzata, fumetti rules!) dove si carovanava con gli amici nerd alla ricerca di un poster di Dragon Ball, fino al negozio gestito dall'amico con cui si passavano le ore a parlare in attesa dei clienti. Altresì si rimane legati ad una libreria solo perché un pomeriggio particolarmente significativo della nostra vita siamo entrati lì finendo per collegarla per sempre ad un momento felice, stile madeleine di Proust. Reminescenze di rimembranze.
A prescindere dalle rimembranze ne
mangerei chili.
Una delle obiezioni che più mi si fanno in libreria è: perché il libro non c'è? Posso averlo domattina?
Sembra che il concetto di "attesa" o di "piacere della ricerca" sia diventato obsoleto. Non parlo di volumi che per strani motivi di vita o di morte bisogna trovare prima di subito, ma di romanzi di cui si è letta la trama e si desiderano di colpo, prima di subito. Io provavo e provo gusto anche a cercarli i libri, a risalire la corrente, a girare un po' (se non mi servono immediatamente ovvio) perché le librerie, senza tante romanticherie, sono posti dove entri e puoi anche serendipitare un po', conoscere qualcuno, rischiare dieci fatali euro per un libro che magari fa schifo, ma magari è stupendo e questo senza leggere quindici miliardi di recensioni che magari vanno bene per mille persone, ma per te no. Ogni persona che legge un libro, è risaputo, in realtà ne sta leggendo una versione diversa. La propria. (Ovviamente poi ci sono quei libri che fanno schifo in modo universale, ma questa è un'altra storia).
 E' per questo che mi è venuto in mente di fare un breve elenco delle librerie che ricordo e ricorderò sempre nella mia vita. 
Poichè non posso rivelare da dove provengo, la prima libreria
verrà rappresentata come quella in cui Belle va scroccare ne
"La bella e la bestia" della Disney
La prima è quella del mio paese, gestita da una famiglia di librai bravissimi
, ci andavo sempre, avevano un catalogo fantastico, sparito quando pochi anni fa l'hanno ceduta ad una tizia che non solo ha chiuso in breve, ma mi aveva fatto passare ogni voglia di entrarci. 
 Non potevo ordinare un libro senza che partisse la tiritera "Il sistema è contro le piccole librerie, chiuderemo tutti, maledette catene ecc ecc" che per carità era legittimo, ma magari non è che volessi sentirmelo dire mentre cercavo di scegliere in santa pace un romanzo. Il mio ricordo più significativo della gestione precedente era legato alla saga di Darkover, l'avevo comprata praticamente tutta lì (come anche il primo libro della Bradley). Durante l'università per convincermi a studiare stile bastone e carota, mi chiudevo in casa per uscire solo di sera a comprarmi un libro premio della saga (solo se avevo studiato il numero di pagine previste ovvio). Stranamente li avevano tutti e considerando che sono più di trenta posso assicurare che non è cosa da poco.
 La prima è la Feltrinelli in largo di Torre Argentina. 
 Quando ero ggggiovane e ricca di protesta, andavo alle manifestazioni (se minorenne di nascosto dai miei che non approvavano) e alla fine mi infilavo lì dentro a parlare delle gioiose ore appena trascorse con la mia migliore amica di allora, bevevamo qualcosa al bar al secondo piano che si affaccia sulla piazza e cercavamo di rimandare il momento del ritorno , quando la foga e la magia sarebbero sparite. In genere ci compravamo un libro consigliandocelo a vicenda. Ricordo in particolare "Il passato davanti a noi" di Bruno Arpaia, che ben si mescolava al cotè mistico politico.
Ci sono poi una serie di librerie romane che ricordo con fervore per vari motivi. 
La seconda è una fumetteria, "La casa del fumetto", un posto che a sedici anni mi sembrava favoloso. 
 Ogni tot di tempo con un gruppo di amici andavamo lì alla ricerca di una serie interminabile di fumetti da scovare e che io personalmente pagavo con le paghette di mio nonno, faticosamente accumulate (ricordo un'intera estate a infilare soldi in un quaderno per potermi permettere l'intera serie di Dragon Ball). Si trattava di un posto microscopico, stipato fino all'inverosimile, in cui si scorreva in tondo per dei corridoi strettissimi e male illuminati. Si usciva da lì carichi di trofei e con gli zaini gonfi. I miei genitori, convinti probabilmente a ragione, che dovessi usare i miei soldi per cose più sane, come vestiti, non approvavano, ma la non approvazione invece di scoraggiarmi, come spesso avviene, non faceva altro che rendere più favoloso il viaggio.
 L'ultimo acquisto significativo lo feci alla fine del liceo, si trattava della serie completa di "Tokyo Babylon" delle Clamp.
 Le terze librerie in realtà sono (o meglio erano perché hanno chiuso entrambe) due. 
 La prima era la fu Libreria Rinascita in via delle Botteghe oscure. Era un pomeriggio di inizio autunno e a Roma si schiantava di caldo come fosse agosto, passavo di là, depressa dopo un colloquio di lavoro che credevo essere andato disastrosamente e mi infilai a cercare un po' di conforto. Era nel periodo della chiusura e aveva tutti i libri al 30%, mi venne in mente non so perché di cercare una graphic novel di cui avevo sentito parlare tempo prima, "Fun Home" di Alison Bechdel. La trovai e la presi. Meravigliosa, non smetterò mai di consigliarla (anche se è IMMOTIVATAMENTE fuori commercio, Rizzoli ristampala!). Ce l'ho nella libreria di casa con su scritta sulla prima pagina bianca un resoconto di quella strana giornata calda che rimane ancora misteriosamente nitida nella mia memoria.
Non le ho frequentate spesso, ma rimangono legate ai miei ricordi per quella potenza che riescono ad avere i singoli ricordi. 
L'altra era la libreria Babele. Era la libreria gay di Roma e si trovava in Via dei Banchi vecchi, splendida viuzza dove ci sono anche la bella libreria Odradek e un meraviglioso negozio di the e che sfocia in Piazza Farnese (dite quello che vi pare ma per me Roma rimane la città più bella del mondo). 
Ho riesumato da google immagini
una foto dei tempi che furono.
 Ne conoscevo confusamente l'esistenza da internet e durante l'università, poco dopo la mia grande epifania lesbica, decisi di fare una grande per me allora prova di coraggio, andando a comprarci un libro. Ora mi faccio autotenerezza ma all'epoca ci misi dieci minuti a entrarci, passai circa sette o otto minuti al cardiopalma a scegliere qualcosa tra le monografie su Donatella Rettore e delle terrificanti bambole di Ken bondage, poi cedetti all'ansia e presi la sceneggiatura di "Tutto su mia madre" di Almodovar. Col libro in borsa corsi fuori e salii sul 64, felice, ma già pentita di esserci rimasta così poco.
 L'ultima è la libreria del paese dove vado in vacanza sin da quando sono nata, in Sardegna. 
 Per molti anni sono stata presa e trapiantata lì mesi, dai miei nonni. Ora pagherei oro per stare tre mesi al mare, ma durante l'adolescenza fu una vera tragedia perché venivo tagliata fuori da tutte quelle inutili beghe che si considerano fondamentali e questioni di vita o di morte sociale. Tornavo a settembre e c'erano coppie che si erano ricomposte e sfaldate un miliardo di volte in un balletto che mi era impossibile ricomporre, amicizie infrante per sempre e nuovi gruppi . Uno dei miei conforti, in un'epoca dove per parlare con le mie migliori amiche dovevo comprare schede telefoniche che finivano troppo presto e raggiungere disperatamente la cabina telefonica in fondo alla strada, era la libreria fornitissima del paese.
 Ve lo giuro, un miracolo, perché non era né la libreria di un posto di vacanza né quella di un paese di tremila anime, ma una Libreria con le elle maiuscola, un catalogo fenomenale, incomparabile con quello di qualsiasi altra libreria incontrata sul mio cammino.
  C'era (e c'è ancora) in quella stanza grossa la metà di casa mia, un concentrato di meraviglie e di quel tipico odore da libro (che io associo misteriosamente alla maionese) ancora imbattuto.
Foto by me
Fu lì che scoprii Murakami e "L'altra Isabel", uno di quei gialli per ragazzi della Mondadori che rimane il libro preferito della mia preadolescenza, fu lì che passai tutti i pomeriggi in cui pioveva (rarissimamente devo dire) e spizzicai gratis libri che non potevo permettermi.
 E' la libreria "San Teodoro" di San Teodoro, ed è alla coppia di librai che la tengono da più di vent'anni che ho fatto l'intervista che pubblicherò in settimana.
 Tutte le librerie della mia vita per ora mi sono rimaste impresse per una serie di eventi concomitanti che si sono fatalmente incrociati coi libri, ma soprattutto col posto, perché anche se è sdolcinato dirlo e forse non si addice a questo blog, è quello che la libreria è prima di tutto. E' un luogo.
 E questo luogo per chi ama i libri si fonde per sempre con la vita (è una cosa che la accomuna con le biblioteche, questa sì) perché il libro non è un oggetto come un altro.  E', a mio parere, ciò che si avvicina davvero e senza scherzi e senza smancerie, ad un oggetto magico. Per i libri si è ucciso, con i libri si sono fatte rivoluzioni, guerre, sono stati e sono sacri, sono stati proibiti e condannati, nessun altro oggetto nella storia ha mai avuto un ruolo così fondamentale nel determinare il corso degli eventi. Io lo trovo assolutamente straordinario.

 E voi? Avete una libreria favorita? E perché? Mi piacerebbe leggere anche i vostri ricordi :)

domenica 24 agosto 2014

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Il vecchio" (con indovinello).

 Ed ecco la seconda vignetta della domenica, oggi mi sentivo generosa e ho abbondato.
 Trattasi di uno strafalcione fresco di giornata, uno di quei casi di chiaroveggenza libraria in cui si risale al titolo vero tramite quello richiesto dal cliente che ne ha elaborato una versione propria.
 Per mettere alla prova i vostri nessi logici vi posto la vignetta senza soluzione, vediamo se indovinate.
 Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Il vecchio".


Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Ricerche"

Buona domenica a tutt*!!
 Ecco per voi una cosa realmente avvenuta! Lo giuro! che non verte tanto sullo strafalcione, ma è piuttosto uno di quei simpatici siparietti che giornalmente si susseguono in libreria. Facciamo giustizia per tutti quegli italiani e italiane che usano parole inusuali tutti i giorni.
 In serata, quando riuscirò a domare lo scanner con più calma e tempo dovrei postare davvero una seconda vignetta. Buona lettura e se vedete il sole correte fuori che qua ormai è un miracolo riuscire a godere del grandioso astro (a meno che non abitiate in Sardegna e in Sicilia, ma in questo caso si ha per voi un misto di invidia e rancore e voglia di trasferimento).
Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Ricerche".



sabato 23 agosto 2014

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Useful"

Ho già narrato varie volte di come molti clienti immaginino i poveri librai di catena come degli automi contemporaneamente onniscienti e un po' stupidi (se fossero davvero intelligenti perché dovrebbero fare i "commessi"? Non esistono millanta lavori più dignitosi).
 La cosa mi dà l'orticaria e ne avevo già dato conto nel post Il libraio e "il commesso di libreria": quando una lotta giusta porta avanti un caposaldo sbagliato anche perché vivo ancora nella sciocca convinzione che la dignità di una persona non dipenda dal presunto onore lavorativo raggiunto, ma vabbeh, questo è un problema mio.
 Nella vignetta di cui sotto ho cristallizzato un attimo della scorsa settimana in cui avrei voluto dire molto cose, ma ho taciuto.
 Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Useful".
Ps. Sì, lo so molti e molte di voi mi scrivono di persone che lavorano in libreria che fanno strafalcioni assurdi. A parte il fatto che è difficile giocare a Trivial tutto il giorno e anche io posso prendere delle cantonate paurose in settori in cui magari non ho una conoscenza approfondita, che vi devo dire le persone poco professionali esistono in tutti i settori, regà è la statistica!).




giovedì 21 agosto 2014

Il triangolo no, non l'avevo considerato. Combinazioni varie ed eventuali di scrittori famosi che hanno triangolato tra di loro con risultati alterni: suicidi, pianti, amicizie indissolubili e scomparse inquietanti.

 Un tempo, quando la musica italiana era vivace e seria e per vedere qualcosa di sessualmente alternativo non dovevamo ancora invocare Raffaella Carrà o il povero Tiziano Ferro che sventola la bandiera solitario e comunque gorgheggiando di faccende normalissime, come rotture amorose e lacrime, un Renato Zero preconversione (e pre pinocchiaggine) gorgheggiava ricoperto di paillettes: "Il triangolo no non l'avevo considerato".

 Erano gli ultimi scampoli di un'epoca assai meno noiosa della nostra, (il cui massimo della trasgressione che ci rimane è Kim Kardashian nuda su una specie di moto) e ricordavano anche in musica (no dimenticare pure "Pensiero stupendo" e "Resta vile maschio dove vai?") che nella storia chiunque ha provato a istituzionalizzare quella che è la combinazione amorosa più diffusa tra gli esseri umani dopo la coppia: il triangolo.

 Pochissimi ci sono riusciti, la maggior parte sono periti nell'intento (fisicamente o psicologicamente), innumerevoli ne hanno scritto. Ora, non ricordo esattamente quale sia stata la causa scatenante che al mare mi ha portato l'idea di codesto post, ma mi sono chiesta, quali sono più famose triangolazioni amorose tra scrittori nella storia?
 Ecco una breve carrellata.

SYLVIA PLATH-TED HUGHES- ASSIA WEVILL: 
Diciamo anche che era un triangolo
di strani scrittori tutti belli come attori
Caso di triangolo portato fino alle sue più tragiche conseguenze. Sylvia Plath e Ted Hughes erano sposati da qualche anno e avevano due figli, i lavori di entrambi iniziavano a dare i sospirati frutti, quando per uno di quei giochi del destino, diedero in affitto la loro casa di Londra ad una coppia di sposi.
Assia Wevill
La lei della coppia era Assia Wevill bellissima aspirante poetessa di origine ebraica di cui Hughes si innamorò all'istante. I due iniziarono una relazione che sfociò nel suicidio della Plath  che, già mentalmente provata, non resse l'abbandono del marito per Assia. Mentre Hughes iniziava così un'opera di censura e rimaneggiamento delle opere della defunta moglie, Assia iniziò ad esserne ossessionata come donna e poetessa. Sei anni dopo, al culmine del suo delirio, si suicidò uccidendo anche la figlia avuta col poeta, nello stesso identico modo in cui si era uccisa la Plath. Hughes è stato indicato da più parti come corresponsabile morale delle due morti. Fatto sta che la sua successiva compagna, rimasta tale fino alla sua morte, non fu più una poetessa, ma una pratica infermiera.

SARTRE-DE BEAUVOIR-ALGREN:
 Li cito sempre, ma non citarli in un post sui triangoli amorosi non avrebbe senso. Sartre e de Beauvoir sono forse l'inarrivabile archetipo per tutte le coppie desiderose di scrivere un finale felice per i propri triangoli amorosi. 
 Fino alla fine tennero fede al loro proposito di non sposarsi e avere tutte le relazioni parallele della terra mantenendo però la loro unione come principale e indissolubile.
 Se Sartre pur con tutte le donne che lo circondarono fino alla fine dei suoi giorni sembrò non vacillare mai, la de Beauvoir ebbe in realtà un altro grandissimo amore, lo scrittore americano Nelson Algren. Giallista all'epoca famoso, visse un'intensa storia d'amore con la scrittrice francese che ne descrisse i contorni ne "I Mandarini" attribuendola alla protagonista. Se si deve dar ascolto a quanto scritto nel romanzo, la storia d'amore terminò perché Algren, conscio di non poterla mai avere, se ne disamorò causandole un dolore grandissimo. E' il prezzo da pagare per il triangolo perfetto.
 Per chi volesse saperne di più esiste un bel libro di Fernanda Pivano "Lo scrittore americano e la ragazza perbene" ed. Tullio Pironti.

HENRY MILLER-JUNE MANSFIELD-ANAIS NIN:
Ho scoperto che hanno anche fatto un film "Henry&June" con Uma Thurman
nelle vesti della povera Nin. Non so se voglio vederlo.
Triangolo eccentrico che può scatenarsi nel mitico caso in cui almeno uno dei tre sia bisessuale, non ebbe un centro preciso. Henry Miller dopo un primo matrimonio incontrò June Mansfield che credette immediatamente al talento letterario del marito e si prodigò in ogni modo per permettergli di pubblicare. Lo mantenne, sostenne e ispirò per sei lunghi anni e fu in qualche modo ricambiata apparendo nei romanzi più famosi del marito. Fu nella solita Parigi degli anni '20 e '30 che incrociarono Anais Nin. Era essa una saggista e scrittrice che nel vederli rimase assolutamente folgorata. Da June. Iniziò così un triangolo che portò al celebre sodalizio intellettuale tra Miller la Nin, che peraltro, quasi per gioco, accettò di scrivere una raccolta di racconti erotici, scoprendosi particolarmente portata. Anche lei comunque non mancò di immortalare June nel suo "La casa dell'incesto".


VIRGINIA WOOLF -VITA SACKVILLE WEST - VIOLET TREFUSIS:
  Sackville-West, poetessa e scrittrice, esperta di giardini (i suoi libri al riguardo stanno tornando in auge) per la quale si ispirò per il suo "Orlando", ma ignoriamo magari che in realtà rimaneva la parte periferica e più debole di un triangolo che vedeva la sua coppia principale nel rapporto che Vita aveva con la scrittrice Violet Trefusis. Le due scrissero assieme anche un libro, "Challenge" e viaggiarono molto, nonostante Vita mantenesse nel frattempo un rapporto molto stretto col marito (anch'esso bisessuale).
Tutti sappiamo che Virginia Woolf amò appassionatamente Vita
 In ogni caso si scrissero grandi lettere d'amore, celebre quella di Vita che comincia col mitico attacco "Sono ridotta ad una cosa che desidera Virginia". Ne esisteva una bella raccolta, "Adorata creatura" ed. La Tartaruga.

JULES ET JIM: 
O meglio il triangolo tra lo scrittore francese Henri-Pierre Roché, lo scrittore tedesco Franz Hessel ed Helen Grund, giornalista e intellettuale , membro della resistenza e moglie di quest'ultimo. Roché si ispirò al loro triangolo per scrivere il romanzo "Jules e Jim", reso immortale da Truffaut. In esso Roché sublimò quel fortissimo sentimento d'amicizia che nonostante la complessa relazione incrociata, lo legò per sempre a Hessel. Conosciutisi prima della guerra, si troveranno divisi senza mai smettere di scriversi e al loro nuovo incontro, nel 1920, Hessel è sposato con Helen che si innamora perdutamente di Roché. I due anni 1920-21 sono una bolla in cui vivono il sogno di un triangolo perfetto. Il film finisce con Jim (Roché) e Katherine (Grund) muoiono annegati, mentre Jules sopravvive. Fu forse un epilogo che Roché scrisse per consolarsi in vecchiaia della perdita del suo amico. Quando uscì il libro, nel 1953, infatti, Hessel era l'unico morto da molto tempo.
 Per saperne di più, oltre al romanzo, sappiate che è recentemente uscita una biografia di Helen Hessel: "Helen Hessel, la donna che amò Jules e Jim" di Marie-Francoise Peteuil ed. Baldini e Castoldi.

AGATHA CHRISTIE:

  Quello di Agatona nostra non è un vero triangolo amoroso tra scrittori famosi, ma merita indubbiamente una citazione. 
 Recentemente è stato rieditato un libro di Jared Cade "Agatha Christie e il mistero della sua scomparsa" ed. Giulio Perrone. Forse non tutti sanno che la giallista scomparve per un periodo di undici giorni. Nessuno sapeva dove fosse finita, la sua auto trovata in un fosso, un marito e una figlia a casa che asserivano di non sapere nulla. Venne trovata una decina di giorni dopo, si disse in stato confusionale e subito se ne partì per le Canarie con la figliola. Cos'era successo? Ufficialmente aveva avuto una sorta di crollo di nervi a seguito della morte della madre. Ufficiosamente forse Agatha voleva architettare lo sputtanamento matrimoniale del secolo. Il marito infatti, mentre lei scriveva, aveva stretto una relazione con tale Nancy Neele (il cui cognome Agatha usò per registrarsi alle terme dove si era rifugiata) e si era deciso ad abbandonare la moglie. Agatha, alla notizia, aveva reagito architettando un piano machiavellico che forse, se ben riuscito, avrebbe potuto gettare il discredito e il sospetto su suo marito e l'amante, rei di averla fatta sparire. Non le riuscì, divorziò comunque con grande dolore, ma si tenne il cognome e forse anche un po' di soddisfazione.



Mi spiace non aver citato nulla di medievale o moderno, se a qualcuno viene in mente qualcosa faccia un fischio!

mercoledì 20 agosto 2014

I favolosi racconti Sperling Privè. Un riassunto a fumetti tra pericolo, sesso allo specchio, praticanti avvocato eterne, cani, pump e nemici da agenda.

Come ho scritto ieri, parte dei soldi da me inutilmente spesi in queste vacanze sono finiti in edicola a rimpinguare le casse degli editori di riviste femminili.  
Peraltro un film serio e bellissimo sul SM è stato fatto. Il
fu "Secretary"
Tra queste c'era TuStyle (oh, nun è che se pò sempre legge Tolstoj in spiaggia) che racchiudeva al suo interno questi racconti erotici selezionati da alcuni mandati dalle lettrici. 
Ho scoperto che ad essi è collegato un concorso letterario a cui, in quell'assurdo cortocircuito trash che ogni tanto si crea nel mio cervello, mi è venuta voglia di partecipare (ovviamente parteciperei con un assurdo pseudonomo, tipo Madame Peccato, non sto scherzando).
 Comunque, li ho ovviamente ignorati finché una sera, attendendo la mia dolce metà che si pettinava (tempo stimato, 45 minuti) non avendo nulla sottomano, mi sono detta "Vabbeh, vediamo di che parlano".
 E mi si è aperto un mondo. Se non fossi una donna direi che la psiche femminile è molto strana, ma siccome lo sono e la mia non è così, dirò che la psiche di alcune donne è molto strana. La costruzione archetipica del racconto era sempre più o meno la stessa: lei cerca il pericolo, lui è pericoloso (ma nei limiti della cosa), tutte amano i bei vestiti firmati e c'è tanto sesso. Molto di moda pare sia la scena di sesso allo specchio (non ho letto le 50 sfumature, ma sono pronta a scommettere che è uno dei pezzi forti della trilogia).
Grandi amori delle protagoniste, anche le scarpe. Io boh, non
riesco a subirne il fascino.
 In ogni caso, siccome so che difficilmente vi lancerete nella lettura, ho pensato di farvi cosa gradita con un mio fumettoso riassunto. Vi giuro e spergiuro che la trama, pur nelle sue parti più assurde, è identica. Ho solo accelerato nelle parti del corteggiamento che pure però meritavano.
 Siete pronti a calarvi in un harmony dei nostri tempi? Via!
(Ah, l'accento sulla E di Privé c'era, ma è stato tagliato dallo scanner..).


martedì 19 agosto 2014

Il favoloso rientro dalle vacanze. Tra fashion blogger, voyeurismo, racconti erotici, martiri di libri e francesi machisti, le mie ferie libresche in poche rapide mosse.

Il libro era magggico sul serio
Dopo due settimane non solo di ferie, ma di totale astinenza internettiana (che a ieri mi ha gettato nel panico visto che avevo dimenticato l'80% delle mie password e non riuscivo più ad accedere a niente) torno su questi schermi con uno di quei rapidi sunti non richiesti che tutti gli amici fanno delle proprie immortali e favolose e incredibilmente pallose vacanze.
 Poiché non è mia intenzione sollazzarvi con foto e inquietanti presentazioni in powerpoint di me felice che corro sulla spiaggia e mi rotolo tra le acque, rimembrando sempre e comunque che questo è un blog sui libri, ad essi mi atterrò per descrivervi quanto visto et fatto (buoni e cattivi propositi inclusi).
Pronti? Via!

GLI IMPERDIBILI CONSIGLI DELLE RIVISTE FEMMINILI:
Noi book blogger siamo molto più low cost
Come ogni estate ho letto scatervate di riviste femminili che poi prontamente ignoro per tutto il resto dell'anno.
 Mi stupisco come esse possano rimanere identiche nei secoli: decinaia di pagine di vestiti che dopo tre minuti non riesco più a distinguere pur continuando a chiedermi chi mai li metterà (ho anche notato che il mondo è pieno di fashion blogger piene di soldi visto che MIXANO stili e BRAND in continuazione, con OUTFIT del costo complessivo di qualche migliaio di euro), interviste alle solite quattro o cinque attrici e presentatrici, tutte identiche e ho letto con molto interesse i consigli per le letture dell'estate. L'editoria starà attraversando pure una fase di ipertrofia di titoli ma coloro che si preoccupano dei consigli per l'estate mi sa che non lo sanno.
  Quest'anno tutti consigliavano di leggere quattro o cinque titoli: "Tutta mia la città" di Carlotta Pistone, "Le scelte che non hai fatto" di Maria Perosino, "Il Cardellino" di Donna Tartt (che per carità ha vinto il Pulitzer ma l'hanno consigliato pure i sassi), il vincitore dello Strega, Francesco Piccolo con "Il desiderio di essere come tutti" e qualche sciurata varia ed eventuale come "Il vestito rosa" di N.M. Kelby, libro costruito sulla sarta del famoso vestito rosa indossato da Jacqueline Kennedy il giorno dell'assassino del marito. Vestito talmente famoso da avere una sua pagina su wikipedia ho scoperto.
 Di ritorno invece ho fatto una scoperta, ma agghiacciante. Tra i libri più diffusi dell'anno in tema di lavoro c'è "La nuova geografia del lavoro" di Moretti. Su la Repubblica c'era un'intervista all'autore che mi ha fatto accapponare la pelle tra qualunquismo, facilonismo e neoliberismo. Mi auguro che il giornalista avesse tagliato molto e con l'accetta perché sono rimasta orripilata.

FISSAZIONI DA BOOK BLOGGER CHE HO RAVVISATO ANCHE NEI MIEI AUGUSTI COLLEGHI:

I blogger teoricamente non dovrebbero andare mai in vacanza. Suppongo che questo paradossale stakanovismo sia dovuto al fatto che, non essendo la maggior parte di noi neanche vagamente retribuiti per scrivere ciò che scriviamo, tecnicamente esso non possa definirsi un lavoro e perciò da esso non esistono ferie. Poiché io per mia fortuna non posseggo mezzi così sofisticati (il mio cellulare è talmente scrauso che ci metto una vita a caricare anche solo una foto e comunque quest'anno internet aveva deciso di morire), a me è stato concesso di staccare da twitter, fb e tentazioni varie. Non ho potuto così unirmi ai miei simili postando in ogni dove le foto delle copertine vissute e consumate con cieli blu come sfondo alla ricerca di infiniti like
 Una cosa da cui invece non sono riuscita a sfuggire è stato il voyeurismo librario. Ovviamente l'hanno fatto tutti. Invece di passeggiare tranquilli scrutando l'infinito oltre l'orizzonte, pare che i book blogger non abbiano fatto altro che tormentare il prossimo con le loro occhiate antropologiche: cosa stai leggendo? Perché? C'è nella tua sordida lettura estiva il germe della decadenza culturale italiana? Quello che ho visto io è stata la solita carrellata di titoli long seller, un po' tutti uguali da dieci e passa anni a questa parte: Fabio Volo, "Donne che corrono coi lupi", qualche Faletti, Marc Levy, Mazzantini, saggistica inesistente, classici inesistenti, molti libri dati in allegato coi giornali, segno che se uno un libro sottomano se lo trova almeno prova a leggerlo, non è che passa direttamente al cestino. Non ho visto molta decadenza, sonnolenza sì, tanta (pochi gialli ecco, pochi gialli sì).

INCESSANTE LAVORO: 

Io volevo staccare e infatti ho staccato benissimo dal mio lavoro vero. La libreria è stata lontano dai miei pensieri sempre e comunque e in fondo due settimane non sono un periodo abbastanza lungo per sentire la mancanza di qualcosa. Sono stata un po' più attiva dal punto di vista del blog, perciò nei prossimi giorni appariranno su questi schermi cruciverba librari, test, un'intervista ai librai della mia libreria favorita, recensioni e un po' di buone idee, quelle che sono riuscita a fissare sui miei quaderni volanti quando non dormivo dimenticando le folgorazioni migliori.
 Ma l'intuizione di cui vado più fiera e che spero di tradurre decentemente in fumetto sono i favolosi racconti della linea Sperling Privé. Racconti di lettrici inseriti come inserti centrali in Tu Style, con surreali trame cariche di sesso, amiche, pump e vestiti di Prada (e uomini soli, bellissimi e innamoratissimi ovviamente). Li ho iniziati a leggere per disperazione una sera, non vedo l'ora che anche voi possiate goderne grazie ai miei riassunti.

COM'E' ANDATA CON LE ANNUNCIATE LETTURE ESTIVE?
 Prima di partire vi avevo tediato col mio più o meno inutile post su quello che avrei letto durante le vacanze. Com'è andata? Scommetto che morite dalla voglia di saperlo.
 DON CHISCIOTTE:
Pesava troppo. Ebbene sì, l'edizione Einaudi in due volumi era troppo cicciuta e all'ultimo non è entrata nel mio miserando bagaglio a mano, così l'ho mollata a casa. Agosto, nonostante il tempo schifoso, non è ancora finito, quindi ho tutto il tempo di recuperare e, considerando che la mia biblioteca favorita rimarrà chiusa ancora un bel po', almeno ho da leggere.
IL LUNGO ADDIO: 
BELLISSIMO. Non voglio aggiungere molto su questo romanzo di Chandler perché è mia intenzione farci un post nell'immediato futuro. Una grande scoperta, tecnica meravigliosa che si divora tutti i giallisti contemporanei, soprattutto quelli che pensano al noir come ad una macelleria in cui descrivere nei minimi particolari scene splatter inquietanti e disturbanti. La storia dell'integrità morale di un uomo, di un'amicizia ben riposta e mal riposta al contempo, ma comunque forte come una grande storia d'amore, che dentro ha tutto. La forza, il tradimento, la delusione e la dignità. E ovviamente l'omicidio. Se no che giallo è?
D'ESTATE I GATTI SI ANNOIANO: 
Questo noir francese costruito sulla figura di un serial killer che l'autore si dimentica di delineare fino a tre quarti del libro, troppo concentrato sui contorni del poliziotto protagonista, padre e marito esemplare senza pecche, è stato quel che si dice un piacevole libro di vacanza.
 La trama scorre, i colpi di scena anche, i personaggi un po' meno, ma forse leggerlo dopo Chandler giocava a suo sfavore. Il più grande pregio di questo libro che definirei molto muscolare (e molto maschile) è il ritratto della provincia francese del sud al confine col la Spagna. Si scopre che i francesi di quelle parti non sono molto diversi dallo stereotipo del macho latino: maschilisti, fastidiosi e morbosi verso il corpo femminile. Le vittime predilette delle loro attenzioni sono queste fiamminghe che pare amino accamparsi sul mare in estate, libere sessualmente ed emotivamente, un po' troppo pare per quelle parti. Sarà che consideriamo il resto d'Europa migliore di noi, ma scoprire questa sorta di discrepanza culturale in Francia, mi ha molto stupita. La scoperta resta la parte più pregevole del libro.
LA CIVILTA' DELLA CONVERSAZIONE: 
Anche io ho martirizzato un libro in nome di
una foto cool per il blog
Ahimé, ero partita carica di grandi speranze e invece mi sono molto annoiata a tratti. Le numerose parti biografiche di queste surreali figure del seicento e settecento francese sono gustose e interessantissime, al solito, ma ho trovato faticosa la continuità con le parti del discorso più storicamente inquadrate. Era come leggere due libri insieme: un saggio serissimo e universitario e uno molto più divulgativo. Non mi ha rapito.
IL LIBRO DELL'INQUIETUDINE :
 Me l'ero portato perché mi dava l'idea di essere un libro che potesse avere una sua naturale sublimazione se letto nella pace marina. Me ne sono pentita. E' un libro da città in tutto e per tutto. L'ho abbandonato quasi subito e lo riprenderò in autunno, l'autunno vero, non quello che sta imperversando in questo assurdo Agosto. 
ENTRA NELLA MIA VITA di Clara Sanchez (già autrice delle fortunate foglie di limone): Lo sto finendo, classico libro che ti presta il prossimo (nel mio caso la mia dolce metà) quando hai finito le scorte di libri scelti da te. Niente di memorabile, si fa leggere e ha la solita ragazza dai capelli fulvi in copertina. Immancabile.

Ecco la mia vacanza in breve, spero di non avervi annoiata. E voi alla fine cosa avete letto? Avete sbirciato il vicino? E il vicino vi ha rincorso con la paletta del figlio per invitarvi a farvi i fattacci vostri?
 Testimoniate!


domenica 3 agosto 2014

Buone vacanze!!

Cari e care naviganti, lo blog chiude fino al 18 agosto (più o meno), spero di tornare in forma e con buone idee e soprattutto spero ci sia il sole visto che sto partendo coi tuoni.
Buone vacanze a chi va in vacanza, buon lavoro a chi lavora, in bocca al lupo a tutti gli altri! 
Che i libri siano con voi.


sabato 2 agosto 2014

Le mie personali letture delle vacanze. Il classicone da mille pagine, il noir, la francesata e l'ambigua amicizia virile. Un mondo di possibilità.

Oh, tutti i bookblogger stanno facendo il post su cosa si portano in vacanza da leggere e quindi basta, devo farlo pure io.
So che sembra mi stia riferendo al dopoguerra, ma era non
moltissimi anni fa...
 Dunque, come potrete facilmente immaginare, io sono una di quelle persone che in vacanza legge voracemente, sostanzialmente passo il mio tempo in spiaggia, ma la mia mente è sempre impegnata a vagare da qualche altra parte (e deve essere il motivo per cui non ho il fisico della racchettonista/beach-volleysta e via dicendo). Per poter appagare questa mia sete di conoscenza ho sempre portato con me pacchi di libri che, sovente, non bastavano.
  Facevo parte di quelle ragazzine che venivano infatti prelevate alla fine della scuola e riportate a casa loro tre mesi dopo, passando l'intera estate in un paese (all'epoca isolato dal mondo intero oggi un po' meno) dove non c'era niente. In epoca predigitale ho lungamente sopperito a questo problema semplicemente leggendo qualsiasi cosa mi capitasse sotto tiro.
Per qualsiasi cosa intendo davvero qualsiasi. 

Libri dei miei amici che venivano ogni tanto, libri dei miei parenti, ricordo una biografia di Pocahontas data in allegato con "Gente" di mia nonna e persino una donazione di una vicina di casa. Si prodigò per me portandomi una ventina di libri della sua gioventù, storie che iniziavano con ragazze ribelli (e generalmente orfane di madre) che venivano spedite in collegio dove imparavano l'amore e la carità cristiana di mogli e madri. Tornavano lobotomizzate e pronte al matrimonio, generalmente diciassettenni.
 L'unica mia via di fuga veniva rappresentata dalle paghette di mio nonno che di tanto in tanto mi portava nell'unica (stranamente fornitissima e bellissima) libreria e mi lasciava scorrazzare alla ricerca di quello che volevo. E' stato così che ho conosciuto Haruki Murakami all'inizio del liceo.
 Ora che siamo in un'epoca post-digitale, dove basterebbe risolvere il problema prendendosi un famoso e-reader (chissà se inventeremo mai la parola italiana per chiamarlo), continuo allegramente a portarmi un intero zaino di libri. Rimango convinta che la possibilità di ritrovarsi senza il libro desiderato sia fondamentalmente una grande risorsa. Avere sempre ciò che si vuole quando si vuole, impedisce di scoprire accidentalmente cose nuove, magari meravigliose, magari orrende.
 Fatto questo nostalgico cappello, ecco cosa mi porterò io dietro questa estate:

DON CHISCIOTTE:
Ebbene sì, non l'ho ancora letto. Non mi è mai capitata l'occasione, anche se verso il secondo anno di università ho avuto un focoso periodo Dumas in cui mi era presa a leggere tomi di mille e passa pagine a ruota. 
 Non so perché non abbia mai preso coraggio, fondamentalmente sono impensierita dall'eventuale scrittura barocca e magari dal mito e dalla distruzione del mito. Il caro don è uno di quei personaggi talmente citati, mitizzati e magliettati da risultare sovraesposti e a rischio seria delusione. Vedremo, vi farò sapere, nel frattempo ho scovato in biblioteca la proprio non comoda edizione dell'Einaudi in due volumi.

LA CIVILTA' DELLA CONVERSAZIONE:
 Altro libro della Craveri, sull'importanza della conversazione e dei salotti francesi nell'Ancien regime, sono riuscita a tenermi lontano da esso nonostante la smodata voglia di riprendere a pettegolare sulla corte francese prima di subito dopo la lettura di "Amanti e regine". Spero mi tenga lontana dai pacchi di giornali e riviste che in estate le edicole ti tirano dietro, anche se in genere si scovano informazioni preziose e succulente sui libri in voga tra le sciure.
 Unico rischio: finirlo troppo presto.

IL LUNGO ADDIO: 
Oggi, in un ultimo giro di walzer in libreria prima di partire, mentre cercavo qualcosa che mi ispirasse al volo, l'occhio mi è caduto sull'ultimo pargolo di una promettente pila. Si tratta di "Il lungo addio" di Raymond Chandler. Devo dire che non sono un'appassionata di gialli all'americana anni '50, ma la quarta di copertina era stranamente e straordinariamente accattivante. La storia pare parli dell'amicizia casuale tra Philip Marlowe, lo storico investigatore creato da Chandler, e un tipo dalla storia tragica incontrato ubriaco per caso in una Rolls Royce. Sembra che tra i due, pur con la presenza di varie femmes fatali, si instauri un ambiguo rapporto che cavalca verso la catastrofe.
 Perché, ipse dixit, la quarta: "Nell'amicizia virile come nell'amore bisogna essere in due, ma la quota di amicizia o d'amore non è mai uguale".
 Preso. Vedi che scrivere decentemente una sinossi, cari editori, è un investimento per il futuro?

CATTEDRALE:
Non avevo mai letto nulla di Carver se non "Il mestiere di scrivere" che essendo un saggio non dà pienamente la misura del suo talento. In realtà, nonostante tutti i miei buoni propositi, l'ho praticamente finito e decreto che ovviamente Carver è un grandissimo scrittore, ma che il minimalismo statunitense su di me non attacca. L'istantanea di un momento anonimo eppure fondamentale nella vita di una persona qualunque è incantevole, il mio problema sta nel fatto che io detesto le storie narrate nei quadretti.
 Ho una serie di subdoli preconcetti che mi impediscono di trovare digeribili tutta una serie di "perdenti" o di situazioni. Centri di recupero, alcolisti con due famiglie, provincie americane con pavoni ed aste di frighi, a me non comunicano nulla se non una desolazione di cui francamente preferirei fare a meno. Ovviamente leggerò ancora Carver, ma ecco non è che sia diventato il mio scrittore favorito.

D'ESTATE I GATTI SI ANNOIANO:
L'anno scorso lessi tutti i libri di Sandra Scoppettone sulla detective Lauren Laurano e, malgrado le trame un po' ripetitive, li trovai incantevoli. Contribuirono insomma a farmi passare dei giorni in spiaggia niente male e per questo quest'anno ho voluto puntare su un altro noir.
 Ho deciso di dare una possibilità ad una di quelle serie della E/O e considerandolo abbastanza pasciuto ho afferrato "D'estate i gatti si annoiano" di Philippe Georget. La trama mette insieme una serie di elementi già rivisti: una giovane uccisa turista uccisa in spiaggia, grande canicola (non è certo ambientato in questo disastrato anno), poliziotti disillusi, casini familiari. Fido in una buona scrittura, del resto non è che tocca sempre leggere Tolstoj.


Ecco, ora saprete come passerò le mie ore in spiaggia. Vi sentite rassicurati? Voi cosa leggerete?

 Termino con l'avviso che non aggiornerò il blog almeno fino al 18. Dovrebbe uscire il 5 sulla 27esima ora del Corriere della sera il mio testo: "Ballata in P maggiore". Nel caso dovesse slittare, beh almeno ora sapete quale titolo dovete andare cercando se vi interessa.
 E speriamo che ci sia il sole!

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Distanze".

Ed ecco la vignetta, poi cercherò disperatamente di finire il post della giornata circondata da valigie. Perché, ebbene sì, come tutti gli italiani medi domani mi involo anche io. Tornerà intorno al 18 del mese e, tempo di trovare un supermercato aperto che consenta la sopravvivenza, ricomincerò alacremente a sfornare post.
 Nel frattempo buone vacanze a tutt*!!
Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Distanze".




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