giovedì 25 settembre 2014

Perché non possiamo non dirci femminist*. Leggere Simone de Beauvoir nel 2014 e capire che finché il finale di un certo libro di fantascienza non si avvererà dovremmo esserlo tutti per poter vivere in un mondo migliore.

L'ispirazione per questo post è venuta da due avvenimenti che hanno cozzato in contemporanea.
 Qualcuno scriveva nei commenti al post di ieri che era felice di aver conosciuto Simone de Beauvoir grazie a questo blog, e nel frattempo la mia dolce metà mi ha fatto una testa grossa come un pallone sul discorso pronunciato da Emma Watson/Hermione alle nazioni unite, in cui la nostra ha affermato di essere orgogliosamente femminista.
 Il post che pensavo di scrivere sulla cara Simone si è perciò tramutato in un post sul femminismo.
 Tutti e tutte coloro che trovano malvagia questa parola, generalmente, se interrogati non hanno la minima idea di cosa si tratti. 
 Confusamente mettono insieme frame degli anni '70 e delle manifestazioni, reggiseni che bruciano, hanno una vaga idea che le femministe per qualche motivo odino gli uomini e mescolano il tutto con frasi fatte come: "Vogliono costringere tutte le donne a pensarla come loro, a non sposarsi o considerano le casalinghe delle decerebrate" e via dicendo.
 Se si chiedono le fonti di tali fatate convinzioni si sta pur certi che esse non esistono. O meglio, non sanno citare una fonte autorevole, un libro che sia uno (che poi i libri contro il femminismo o sull'esaltazione dei ruoli culturali di genere esistono, ma state pur certi che essi non li hanno mai letti). 
 In verità il femminismo è ben altra cosa, una teoria, una corrente filosofica, uno studio (molto serio all'estero, soprattutto nel mondo anglosassone, purtroppo in proporzione pochissimo preso sul serio nella nostra italia provincialotta, al solito), un senso di civiltà. Il dire che gli uomini e le donne sono uguali, non è una stupidaggine in un'epoca in cui le donne vengono inspiegabilmente ancora pagate meno degli uomini in moltissimi campi lavorativi, in cui il lavoro di cura viene addebitato quasi esclusivamente a loro, in cui se c'è qualcuno in una coppia che alla nascita dei figli deve rinunciare alle aspirazioni lavorative ebbene, quella al 90% deve essere la donna. 
Chiarisco che non vedo nessun motivo sensato per cui Emma/
Hermione dovrebbe tenere discorsi all'Onu
 Non c'è parità quando c'è ancora violenza, sia fisica, sia verbale, come quella incorsa a Emma Watson, personaggio per cui non nutro particolare simpatia (ma non nutro particolare simpatia per nessun personaggio dello spettacolo che in funzione del fatto che sa sfilare o recitare ha diritto a parlare alle nazioni unite, privilegio solitamente non accordato alle metalmeccaniche o ai muratori), che è stata divorata virtualmente dai troll al suon di "Pubblichiamo i tuoi scatti hot!", che poi pare neanche abbiano.
 Questo degli scatti hot, mi ha fatto pensare alla cara Simone. Io adoro Simone de Beauvoir. Non l'ho scoperta e dimenticata come molti alle superiori, dove incauti professori propinano il primo libro della sua autobiografia, "Memorie di una ragazza perbene", come se fosse un libretto senza spessore. Accadde per caso in libreria, al terzo anno di università. Ne avevo sempre sentito parlare, ma l'istinto di afferrare una sua opera non mi aveva mai smosso, siccome avevo stranamente dei soldi e c'era una campagna Einaudi in corso, presi le memorie e il secondo libro, tuttora uno dei miei libri favoriti in assoluto, "L'età forte".
 Simone de Beauvoir, filosofa e scrittrice, ricordata da chi non la conosce come "la compagna/moglie di Sartre", mi incantò. Leggendola mi riconoscevo in un modo che non avrei mai immaginato. Non che io sia un genio esistenzialista, magari, ma lei non nega e non si nega nulla nel resoconto della sua vita: parla del suo primo amore, romantico e stupido (che se avesse preso vita, probabilmente le avrebbe rovinato l'esistenza), dell'imposizione culturale, della fatica ad adattarsi ad un ruolo di genere che rifiutava, delle ondate di dubbio che affollarono la sua vita intellettuale: il terrore di rimanere bloccati sempre allo stesso stadio dell'esistenza, di conoscere sempre le stesse cose, di non vedere nulla di nuovo, di morire troppo giovane. Non parla di sé come una filosofa o una scrittrice, ma come di una donna che lucidamente rifiuta il ruolo che la società vorrebbe imporle.
Fu per me una vera folgorazione.
 Non a caso è stata la madre del pensiero femminista contemporaneo con il suo famoso "Il secondo sesso", il libro che cicciuto contiene, la frase più travisata della storia, che probabilmente conoscono e usano a totale sproposito molti non femministi.
 "Donne non si nasce, si diventa"
 Marche di profumi, case di moda, starlette che vogliono passare per intellettuali, la citano a sproposito dandole il significato errato che "per diventare una donna serve molto impegno e dedizione, un miglioramento continuo, una tensione verso l'abbellimento fisico o la perfezione nelle arti dette femminili varie ed eventuali (oltre ovviamente all'immancabile bisogno di matrimonio e maternità)." Simone voleva dire l'esatto contrario: quando nasci sei un essere umano, le imposizioni culturali, l'idea che ad un determinato sesso debbano corrispondere determinati ruoli, ti rendono nel corso della vita, partendo da un inculcamento che parte dal primo giorno di vita, uomo o donna.
 E' a questa frase e alle minacce a Emma Watson che ho ripensato ieri, con estrema tristezza, alla foto che nel 2008 Le Novelle Observature ebbe l'allegra pensata di ricordare il centesimoanniversario della nascita di Simone de Beauvoir: lei, che nuda, di spalle, si pettina allo specchio. 
Un episodio giornalistico di un tale squallore da rendere le opere della scrittrice, dal suo saggio fiume, alla sua autobiografia, che dimostra lo sforzo incredibile di una donna che ha fatto qualsiasi cosa per essere libera, una prova lampante di quanto non solo il femminismo sia attuale, ma disgraziatamente serva.
 A chi mai sarebbe venuto in mente di pubblicare, per celebrare il centenario della nascita di Sartre, una sua vezzosa foto da nudo? A nessuno. Non solo sarebbe stato considerato inopportuno, insensato, squallido e volgare, ma nel caso a qualche pazzo fosse venuto in mente, ci sarebbero state tali proteste da far crollare la sede dell'incauto giornale.
La foto incriminata. Lascio a voi i commenti.
 Quando invece il corpo di Simone de Beauvoir apparve nudo a celebrarne una vita fatta di pensiero, ricordo chiaramente che alle proteste venne opposto il solito ritornello che viene propinato ogni qualvolta si usa la parola femminismo: non capite, siete estremiste, non c'è niente di male, vedete il male perché voi siete il male, è la celebrazione del corpo della donna e stupidaggini diffuse.
 Non sono una di quelle che crede che il femminismo debba essere una costante della storia, che sarà necessario in ogni tempo, io credo solo che sia ancora necessario in questo tempo, che leggere Simone de Beauvoir, informarsi prima di dire "Ah, io non sono femminista" sia necessario.
  Perché vi accorgerete, affermandolo, che non avete mai letto un solo libro al riguardo, che magari lo collegate solo confusamente al femminicidio perché ora la violenza sulle donne va tanto di moda (che poi pure lì, è bello fare le campagne di moda contro la violenza sulle donne, ma voglio vedere se una delle famose testimonial c'è mai davvero andata a vedere un centro antiviolenza), o, malissimo che va, a confuse affermazioni pedanti di qualcuno che non ha a cuore che vi informiate, ma solo che la pensiate come lui.
 Neanche le femministe sperano che il femminismo abbia una vita infinita. Lo racconta bene il finale di "Female man", un libro di fantascienza di Joanna Russ che definire un coacervo di questioni politiche  femministe è riduttivo.
 Ha uno splendido finale, che riprende la traduzione stilnovistica del rivolgersi al libro come un essere vivente,

"Vai piccolo libro, trotterella attraverso il Texas e il Vermont e l'Alaska e il Maryland e Washington e la Florida e il Canada e l'Inghilterra e la Francia; fa un inchino ai santuari della Friedman, della Millet, della Greer, della Firestone e di tutte le altre; comportati bene nei salotti della gente, senza metterti troppo in mostra sul tavolino del caffè, ma neppure risultare poco convincente a causa della tediosità del suo stile; bussa alla ghirlanda natalizia sulla porta di mio marito a New York e digli che l'ho amato sinceramente e che lo amo ancora (nonostante quello che pensano tutti); occupa coraggiosamente il tuo posto sugli scaffali nelle stazioni dei pullman e nei negozi. Non gridare quando vieni ignorato, poiché questo spaventerebbe la gente, e non adirarti quando vieni rubato da persone che non vogliono pagare, piuttosto rallegrati di aver avuto tanto successo. Vivi allegramente, piccolo libro-figlia, anche se io non posso e noi non possiamo: declama te stesso a tutte quelle  che ascolteranno; rimani fiducioso e saggio. Lavati il viso e occupa il tuo posto senza creare troppo trambusto nrlla Biblioteca del Congresso, poiché, alla fine, tutti i libri finiscono lì, sia quelli piccoli che quelli grandi.
Non lamentarti quando alla fine diverrai eccentrico e fuori moda, quando diverrai logoro come le crinoline di un'altra generazione e sarai classificato insieme a Western piccanti, Elsie Dinsmore e Il figlio dello sceicco; non borbottare irosamente a te stesso quando i giovani ti leggeranno e se ne usciranno con esclamazioni infastidite, deprimenti quando non sarai più compreso, piccolo libro. Non maledire la tua sorte. Non balzare dal grembo della lettrice per rifilarle un pugno sul naso. Rallegrati piccolo libro!
Perché quel giorno noi saremo libere.
 
 

13 commenti:

  1. By the way, c'è un ottimo motivo per cui Hermione dovrebbe parlare alle Nazioni Unite: Visibilità.
    Non è che una metalmeccanica non sia in grado di fare un discorso del genere (che poi probabile pure che ad Emma lo abbiano scritto terzi, suddetto discorso), o non possa parlare alle nazioni unite. E' che se lo fa Emma ha un attimo di risalto in più proprio perché, guarda un po', pure chi non la ama particolarmente la riconosce subito come la tipa che ha fatto Hermione. Personalmente, non mi faccio troppi problemi a sentire veicolati messaggi che reputo importanti da persone il cui unico merito è aver recitato in film XY.
    Per il resto: articolo interessantissimo come al solito. Raramente mi trovo d'accordo con tutto quello che scrivi, spesso anzi il contrario, ma in questo blog trovo sempre un punto di vista alternativo interessante da leggere.

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  2. Non solo non mi scandalizza la foto, che trovo molto bella e per nulla volgare, ma non mi scandalizzerebbe nemmeno quella di un uomo nelle medesime condizioni, magari di spalle mentre si fa la barba.

    Penso che il contesto sia importane, e anche gli occhi di chi guarda. La stessa foto può dire cose opposte.

    Il femminismo di cui tu parli io lo chiamo umanesimo, perché ha ben poco a che fare col genere femminile e molto con l'essere uomini (inteso come genere umano). C'è anche un femminismo più superficiale e di facciata, che si occupa solo di un genere e non dell'umanità tutta, che spesso cade nel ridicolo e nello stereotipo. La polemica sulla foto, per esempio, mi pare ridicola. Per ridimensionarla basterebbe veramente celebrare un uomo con una foto da nudo e il problema sarebbe risolto. (Cosa che si faceva fino a pochi anni fa con le statue con genitali all'aria.) Gli stipendi più bassi delle donne mi fanno ridere molto meno.

    Per complicare le cose, a volte i due femminismi sono mischiati.

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    1. Beh, credo che nessun filosofo o scrittore maschio sia mai stato ricordato nudo per un anniversario (neanche gente che se lo meritava, tipo D'annunzio). Il fatto che abbiano scelto delle migliaia di sue foto proprio quella e proprio per una scrittrice donna che ha "inventato" il femminismo contemporaneo io l'ho visto come il solito, vetusto e squallido modo di far polemica usando il corpo delle donne, per il gusto di provocare e di vendere copie. Non è il fatto che sia nuda, ma perché è nuda.
      Fidati che il giorno in cui ricorderanno Sartre nudo non verrà mai.

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    2. Comunque il femminismo di cui parlo si chiama femminismo perché ha molto a che vedere con il femminile come inteso da millenni nella società. Se tu avessi letto "Il secondo sesso" sapresti a che cosa ci si riferisce. Il femminismo di facciata devo dire che non lo conosco. Esistono molti femminismi ed esiste anche una percezione di facciata del femminismo, quella che come spiegavo nel post, porta a credere di conoscere il femminismo da due o tre polemiche x, senza in realtà aver mai cercato di approfondire una teoria anche filosofica, che in nazioni più civili della nostra è degna di cattedre universitarie. Ovvio che se si pensa che il problema della foto della de Beauvoir sia il suo sedere scoperto si fatica a capire che la polemica è su un altro livello e il sedere in verità c'entra ben poco. Ma ripeto basta chiedersi: come mai non abbiamo mai visto celebrare un famoso filosofo con le pudenda al vento? E' la storia dello stolto che guarda il dito e non la luna (senza nessuna offesa, chiaro).

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    3. E mettiamolo, 'sto Sartre nudo! :-) Forse questa azione è molto più femminista di starsi a strappare i capelli per quella di Simone!

      Le polemiche X non me le invento io e non sono io a definirle "femministe". Basta uno degli ultimi post de Il corpo delle donne (v. "Se a me importa di MariaElena Boschi. E forse a Voi no.") dove si disquisisce su chi sia più femminista e su chi abbia travisato cosa, quando è solo una divergenza di opinione sul cosa fare per preservare la dignità della ministra, per altro senza tenere in considerazione quello che pensa e vuole la Boschi. La Boschi, da questa diatriba, appare una incapace, cosa che non pare proprio appena ci si sposta dalla zuffa. Sono cose che deprimono gli animi. Che si sappia.

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    4. Io parlo di femministe vere, di teoriche e filosofe con una testa così, non dell'autrice di quel saggetto/documentarietto che è "Il corpo delle donne".
      Ora ho capito cosa intendi per "femminismo di facciata". Hai ragione. Io considero piuttosto signore come quella, donne che non sanno bene di cosa parlano, ma ne parlano (che stupida la signora non è, per carità, ma certo non è una teorica o una filosofa, quanto appunto una comunicatrice, una categoria disgraziatissima del nostro tempo), donne che usano una spolverata di femminismo senza avere grandi basi teoriche o avendo una vaga percezione di quello di cui parlano. Il primo libro se non altro si inseriva in un'ottica di immagine della donna nel teleschermo berlusconiano, e la sua esperienza ci stava, ma già il secondo l'ho considerato superficiale e imbarazzante.

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  3. Ciao, ammetto che come ho visto «femminist*» sono andato avanti a leggere solo a stralci… Comunque:

    -- A chi mai sarebbe venuto in mente di pubblicare, per celebrare il centenario della nascita di Sartre, una sua vezzosa foto da nudo? A nessuno. --

    Sartre non so; per il centenario di Straninskij, figura per il Novecento decisamente più importante di Sartre, usciì una serie di foto di cui questa è una, e a cui nessuno fece per fortuna gran caso:

    http://38.media.tumblr.com/d5be367b8aa35c0235d5dca7f239bec9/tumblr_n2eess5cvj1tvvu2wo1_500.jpg

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  4. (Lo «Straninskij» qui sopra, naturalmente, è «Stravinskij»).

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    1. Già il fatto che uno, sottolineo un asterisco, messo nel titolo (dove non avrebbe avuto senso mettere al maschile e sarebbe stato troppo lungo per un titolo mettere maschile e femminile) impedisca di leggere cristianamente un post dà ragione a quanto ho scritto.
      Stravinskij non era un filosofo né tanto meno questa foto è stata usata come copertina di una rivista per festeggiarlo (fa parte di una gallery se ho ben capito, e non ho capito dove è stata pubblicata, su quale giornale).
      Il fatto che per festeggiare il centenario della fondatrice del femminismo contemporaneo si sia avuta la pensata di pubblicare una sua foto (beninteso PRIVATA ossia se lei avesse avuto la passione per il nudo artistico quella era un'altra faccenda) su una copertina, a fronte delle migliaia che si sarebbero potute scegliere, mi pare un'offesa alla memoria bella e buona, e se non aveva intenzione di essere un'offesa, ma una provocazione, la considero altrettanto offensiva, perché usa il corpo di una donna che aveva scritto migliaia di pagine proprio per non essere considerata solo un corpo.
      Il gioco delle equivalenze non è che vale a prescindere.

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  5. È vero, l’asterisco è solo uno, eppure avrebbe dovuto essercene almeno un altro, due righe sotto («tutt*»). Ma in quel caso sarebbe apparso forte e chiaro come la sensibilità 'di genere' espressa in questi dettagli sia sicuramente bene intenzionata, ma anche piuttosto stolida (si critica il peccato, vero, non certo il peccatore / la peccatrice).

    Non avevo invece capito che la de Beauvoir nuda ornasse una copertina; l'uso di quella foto, pur evidentemente posata, è in quel caso anche secondo me inopportuno.

    Per finire, contesto che un nudo possa essere meno significativo e degno d’eccezione o di lode di un altro perché appartenente a un musicista anziché a un filosofo: quasi la composizione musicale fosse un atto intellettuale di qualità inferiore.

    Cia* e grazie dell’attenzione.

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    1. No, no, per carità la musica non è inferiore, ma anzi, sottolinei anche tu una specie di "discriminazione" artistica: ossia usare il corpo nudo di un musicista laddove non si userebbe mai quello di un filosofo (maschio) perché la musica viene ritenuta inferiore. Vedi che il corpo, in un qualche modo ha sempre un uso strumentale? :)

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  6. Molto vero. Diciamo che la musica viene sentita più vicina al corpo e sicuramente lo è; il problema è che il corpo viene ritenuto… inferiore. E le donne – se posso avventurarmi in un ambito teorico che non padroneggio affatto – sono considerate *più prossime* al loro corpo che non gli uomini (e anche questo io credo sia vero), ma da tanti, uomini e donne, questa maggiore vicinanza è follemente considerata segno di 'inferiorità', dunque esibita come mezzo di controllo.

    Per finire, diciamo anche che Stravinskij non era una bellezza, ma in buona forma, dal costante nuotatore che era; mentre Sartre… lasciamo perdere :-)

    Ciao

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  7. L'attivismo è una cosa spesso utile e a volte preziosa, ma diciamo che non tutti gli attivismi sono per tutti.

    Che una donna si dica femminista a me sembra giusto e naturale; ma l'uomo che si dice (anzi, di solito l'uomo si «proclama») femminista, a parlarci un po', vengono sempre fuori cose che lasciano perplessi, almeno secondo la mia esperienza: può essere un ideologismo generico poco riflessivo – per cui certi sono femministi così come sono contro il nucleare, usano la bici in città, odiano Israele – , un senso di colpa, un vago rancore, fino a una vera e propria paura inconfessata delle donne! :-)

    Come sempre, più di quello che si dice conta quello che si fa, e come ci si comporta gli uni con gli altri - le une con gli altri - le une con le altre - gli uni con le altre, e tutte le possibili varianti che mi possono sfuggirmi.

    (E comunque tutte le generalizzazioni sono pericolose, compreso questa).

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