martedì 17 novembre 2015

La cronaca nera, "La promessa" di Durrenmatt e la mancanza di immaginazione. Cosa rivela l'animo umano nel suo momento più nero? E perché non siamo più capaci interpretarlo?

Ogni tanto quando vedo il tg (le rare volte che capita visto che ne trovo il contenuto ormai schizofrenico con servizi sulla situazione in Siria e subito dopo interviste a cani e gatti eroi), mi prendo quei momenti di panico alla Zerocalcare alle prese col bestiometro.
 Mentre lui teme le intercettazioni che potrebbero qualificarlo quale persona mostruosa perché si permette considerazioni se non altro poco divulgabili  su fatti tristi e gravi della vita assieme al fido amico Secco, io temo le temibili frasi dei giornalisti tv sulle infingarde ricerche degli indagati per qualche reato.
 "Tra le sue ricerche su internet preferite c'è una passione per i casi di cronaca nera fin troppo sospetta."
 Ora, io non sono come una mia compagna di servizio civile che nutriva una vera ossessione per quei giornalacci trash come il mitico "Cronaca vera" i cui titoli e servizi veleggiano al limite della fantascienza, del buongusto e della linguistica, però devo dire che un po' per ragioni scrittorie un po' per antropologica curiosità, qualche articolo di cronaca nera me lo leggo.
  Accompagnata dal terrore che prima o poi qualcuno qualifichi questo mio tentativo di decriptare l'animo umano come qualcosa di strano (tanto per cambiare), in realtà mi rendo conto che non solo la realtà supera la fantasia, ma spesso non ne è neanche all'altezza.
 Nei libri è raro che un assassino non venga scoperto ed è impossibile che esso non abbia un vero movente. Anzi, il movente di solito è il filo che gli investigatori risalgono per scoprire chi si nasconda dietro. Nella cronaca nera vera odierna questo movente è spesso assente o talmente futile da farti preoccupare: possibile che dei personaggi di carta abbiano più raziocinio di una persona in carne ed ossa o c'è qualcosa che non va?
 Ebbene, con molto colpevole ritardo ho finalmente letto il libro che risponde a questa mia perplessità. Il libro è "La promessa" di Durrenmatt, sottotitolo significativo "Requiem per il romanzo giallo".
Ammetto, avevo rinviato la lettura di questo breve e lucidissimo romanzo perché, per qualche strano motivo, pensavo fosse noiosissimo. Ovviamente non lo è. E non solo, ma parte da un presupposto a cui ho sempre pensato molto: la variabile del caso che sembra non essere mai prevista nei romanzi e neanche nella realtà.
 Ne avevo parlato in un vecchio post (uno dei miei post preferiti, L'abisso che getta uno sguardo su di noi) sulle persone scomparse. Mi sono sempre domandata: uno ripercorre esattamente passo per passo tutte le minuzie della vita di una persona per comprenderne la fuga o eventuali motivi di attrito con qualcuno, ma cosa ne sappiamo che proprio quel fatidico giorno non sia accaduto qualcosa di incontrollabile, di imprevedibile? Qualcosa che sfugge alla nostra logica e rende il caso irrisolvibile?
 E' da questa esatta mossa che parte questo breve romanzo che vede un vecchio poliziotto svizzero in attesa di essere spedito in Giordania, alle prese con l'ossessione personale di una promessa fatta durante il suo ultimo caso.
 In un bosco ai margini di un paesello, viene trovata uccisa una bambina bionda e con la mantellina rossa, il suo omicidio ricorda quello di altre due bambine assassinate negli anni in precedenti in altri cantoni. Matthai promette ai genitori della bambina che troverà l'assassino e, effettivamente, nelle ore immediatamente successive, viene incarcerato un ambulante che ha tutti i numeri in regola per essere il sospettato number one.
 Ha trovato la bambina, è sporco del suo sangue, vende vari oggetti metallici, tra cui rasoi, non ha un alibi e negli anni precedenti ha anche subito un'incriminazione per una liaison con una quattordicenne. Insomma gli manca solo la scritta lampeggiante in testa.
 Matthai però non è convinto, solo che prima che gli sia data facoltà di approfondire, l'uomo si suicida in cella e il caso viene chiuso lasciandolo col dubbio di non aver mantenuto la sua promessa e con l'ansia che in giro sia rimasto un assassino di bambine.
 Il caso verrà risolto? La promessa è stata mantenuta? E fin dove può spingerci l'ossessione per la verità?
 C'è questa cosa che gli articoli di cronaca nera non fanno più (o non so se abbiano mai fatto) e che, invece, io mi aspetto aspetto sempre prendano in considerazione: lo scatto di immaginazione. 
 Non intendo romanzare storie vere che coinvolgono persone e soprattutto vittime reali e che ritengo sciacalleggino fin troppo. Quello che mi stupisce sempre è la ricostruzione del contesto in modo se non artificioso, spesso pregiudiziale, con lo stupore davvero ormai incomprensibile (nel senso che mi stupisco di come i giornalisti dal Circeo in poi continuino a mimare sconcerto) davanti al ragazzo di buona famiglia che commette un reato, l'insistere sul taglio di capelli di una ragazzetta che purtroppo muore per droga, (perché taglio di capelli strano uguale chissà quale nefandezza) oppure il frettoloso applicare "delitti passionali" o addirittura "delitto gay" (fantastica definizione di questi giorni) in giro.
 Non sembra che interessi tanto tentare di comprendere una certa cornice, riuscire anche a stupirsi di qualcosa che ci riesce incomprensibile, interrogare il caso. Quello che sembra importante è trovare un assassino e una volta trovato cercare una colpa ben precisa, spesso stereotipata.
 Ormai non ci vedo neanche più un bisogno di rassicurazione, ma una precisa volontà di chiudere gli occhi. Si uccide per gelosia (!), il delitto passionale viene bollato come delitto addirittura d'amore, il parricidio manco viene nominato quando accade. Non abbiamo più omicidi, solitamente abbiamo gente in preda al raptus.
 Eppure uno dei grandi temi della letteratura è sempre stato l'omicidio, cercare di comprendere cosa spinga un essere umano ad ucciderne un altro, tentare di comprendere dove si annidi la complessità dell'orrore. Ma "Delitto e castigo sembra passato invano e "La promessa" è indicativo dello scatto avvenuto lungo un secolo.
 All'inizio il commissario fa questa avventata promessa ai genitori della vittima anche perché messo alle strette, un po' ci crede, un po' la popolazione tenta di farsi giustizia da sola chiedendo alla polizia di consegnar loro un ambulante. La folla decide il colpevole, la folla lincia, la folla sa.
 Ma la realtà è sempre più profonda, peccato che tutti lo dimentichino, tutti tranne la letteratura, quella buona, che rimane sempre più sola a indagare dolori, motivazioni e moventi, e a interrogarsi sul nulla quando lo trova, perché non mi illudo, non tutto ha sempre una spiegazione, talvolta gli esseri umani si comportano come pessimi articoli bidimensionali. Talvolta, non sempre.

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