giovedì 2 giugno 2016

Piccole recensioni tra amici funestate dal maltempo! "Come quando eravamo piccoli" melensa graphic novel di cui non si sentiva la necessità e "Lampi" egregio lavoro di Fumiko Hayashi.

Gif presa dalla pagine fb: I Pirati Grafici
In questi giorni di tira e molla climatico in cui esco di casa col monsone, torno col caldo apocalittico, poi riesco con un altro monsone e riesco a provare gelo e a sudare pur indossando gli stessi identici vestiti, senza nessuna soluzione di continuità, mi sono ribeccata, ovviamente un cosmico raffreddore.

 Forse anche per questo temo di aver partorito, in questo "Piccole recensioni tra amici" una delle recensioni più negative degli ultimi tempi.
 Il problema è che a leggere cose che anche basta, perché, ogni tanto parte la follia e stavolta e parita.

 Piccole recensioni tra amici tutte per voi!


 "COME QUANDO ERAVAMO PICCOLI" di Jacopo Paliaga, French Carlomagno ed. Bao Publishing:

 Il cinema italiano è stato per molti anni (e lo è ancora in verità) funestato da filmetti di dubbio gusto che ti facevano nascere seri e inconsulti dubbi sulla sanità mentale nonché sulla capacità lavorativa non tanto di mediocri registi o mediocri sceneggiatori, quanto dei produttori che esborsavano denaro per prodotti che avevano la possibilità di rientrare nei costi quanto io di essere eletta Miss Italia.

Sono andata a ricercarmi il film con la Muti
e l'ho trovato: era questo
 Storielle lievi lievi senza né arte né parte, inverosimili senza sentirsi in dovere di costruire storie che le facessero apparire verosimili, tentativi di fotografare parti di realtà in modo gggiovane e fresco falliti in modo misero e inquietante.
 Posso ricordare in proposito infinite pellicole tra cui una con Ornella Muti squattrinata che si scopre incinta mentre l'amico gay si suicida, o quella di quattro ragazze che wannabe Sex and the city e invece si scontrano con la dura realtà della vita (mi pare fosse un tentativo di film meno becero dei Vanzina addirittura).
  Ma vabbeh, basta aprire l'elenco "film italiani" di Netflix per capire di cosa sto parlando.

 Perché vi sto parlando di questo? Perché purtroppo questa storia di French Carlomagno e Jacopo Paliaga, Bao edizioni, nonostante i disegni graziosi (ma dal tratto un po' troppo rivisto) ti lascia la stessa sensazione dei suddetti film: carino, vuoto, inverosimile, piatto, inutile, ma c'è da dirlo con buoni attori e buona fotografia.
 Sono troppo crudele? Vi racconto la storia.

 Pietro (italiano) è uno sceneggiatore di serie tv AMERICANE di successo e ha una storia d'amore con la meravigliosa e gorgeous protagonista della sua ultima creatura, Sophie. A un certo punto,  nonostante bazzichi il mondo dello show business americano, Pietro inizia a soffrire di crisi d'inferiorità e si comporta male con la sua favolosa ragazza che, frustrata, lo  tradisce con un altro attore di successo. A seguito del fattaccio, Pietro molla capra e cavoli e torna a dormire sul divano di sua sorella minore Rebecca, in un paesello italiano.
 Ci siamo? Un italiano diventa sceneggiatore in AMERICA e torna a dormire su un divano in Italia.

Cosa succede su questo divano?
 Pietro guarda la perfetta storia d'amore della sua perfetta sorella (un personaggio che farei interpretare o a Sabrina Impacciatore se vogliamo caratterizzarla o a un'ex concorrente del Grande Fratello che vuole fare il salto di qualità a caso se vogliamo lasciarla il personaggio bidimensionale che è) la quale oltre a correre e sbaciucchiare il suo fidanzato perfetto non ha altro scopo nella vita.

 Pietro dopo due giorni che sta lì conosce una biondina al bancone di un bar che manco a dirlo si è appena lasciata col suo fidanzato. Lui le svela di essere lo sceneggiatore della serie che sta andando in tv mentre sono seduti al bar (ma qualcuno ha mai visto un bar in cui la sera mandano serie tv?) e lei gli crede!

 Immagino la scena dal vero: tipo belloccio si siede nel bar in cui lavoro e mi dice: "Sai sono un famoso sceneggiatore americano, ma mi sono appena lasciato con la mia ragazza, guarda caso la star della serie, una che le modelle di Victoria's secret chi sono, ma ora mi trovo seduto al tuo bancone in uno sperduto paese italiano".
 Penso che la mia reazione potrebbe variare da: ha bevuto troppo, chiamo il cim, chiamo i carabinieri, grazie mitomane quella è la porta.
 Comunque la bionda gli crede e i due cominciano a uscire. Ovviamente lei è carina, spiritosa, meravigliosa e lui si sente rinascere e capisce di aver messo troppa pressione alla sua ex durante il loro rapporto. In fondo non è giusto scaricare i propri complessi d'inferiorità sul prossimo.
 Ah, notate bene: nonostante tutto scorra con la complessità di un film per adolescenti della Disney, Pietro, da bravo sceneggiatore, continua a dirci che: "La vita non è un film, ah come vorrei scrivere i dialoghi della mia esistenza, ah se tutto andasse come nei film ecc".
 E tu lettore sei lì che pensi: "Scusa, perché questa storia sta seguendo un percorso possibile nella vita reale e non me ne sono accorta?".

 Comunque, cosa succede?
 Siccome le cose stanno improvvisamente andando troppo bene, ecco tornare dal passato Sophie, la ex di Pietro (ve lo spoilero tanto vi assicuro che non è una trama da palpitazioni), i due si chiariscono, lui dice che ha sbagliato, lei lo rivorrebbe indietro, ma lui ha capito che non la merita/la ama/non ho capito.
 Come nei peggiori film, la biondina arriva, li vede, travisa, lui la segue, si scusa, lei non gli crede, lui parte, gli finanziano un film (?), lo gira, e si ricontrano.
 Ah, scusate, c'è anche il momento "Nuovo cinema paradiso": i nonni della biondina avevano un cinema, poi andato in rovina e lui lo fa ristrutturare apposta per la prima del suo film per poter essere certo che lei andrà a vederlo. Film di sicuro successo tratto nientepopodimeno che dalla loro storia.
 Ci siete? Ci siamo? La domanda alla fine è solo una: ne avevamo davvero bisogno?
Io no.

"LAMPI" di Fumiko Hayashi ed. Marsilio:

Fumiko, da brava giapponese, una delle
concause della sua morte precoce è stata
l'eccesso di lavoro
 Trovato in biblioteca nella sempre più saccheggiata sezione di narrativa giapponese, è purtroppo l'unica opera tradotta in italiano di Fumiko Hayashi, autrice a quanto pare famosissima prima durante e dopo la seconda guerra in Giappone.
La lunga introduzione fa un discorso complesso sul fatto che questa autrice avesse una scrittura femminile o trattasse di temi femminili, insomma insiste tanto su un dibattito letterario che nel Sol Levante aveva scatenato all'epoca questa autrice: pur parlando di tematiche femminili aveva qualcosa di universale (sconcerto!).
 Anche per questo martellamento immaginavo una storia diversa e invece francamente non ho capito di "femminile" cosa abbia (poi il discorso che esista una scrittura maschile o femminile io l'ho sempre trovato pretestuoso e urticante).

 La storia è infatti parecchio dura: quattro fratelli, tre femmine e un maschio, tutti figli della stessa madre, ma di padri diversi, attraversano un periodo fatale della propria esistenza intrecciando le proprie vicende amorose.
 Sostanzialmente muore il marito della seconda figlia e il pretendente della terza (la narratrice, una ragazza molto bella, ma col labbro leporino e quindi motivo di vergogna per la famiglia e impossibilitata secondo la società a trovare un marito che, per inciso, lei non vuole), vistosi respinto da lei, inizia una storia con le altre due.

 La rovina di tutti i rapporti è dietro l'angolo.

 Il libro è scritto benissimo, mette in luce quelle dinamiche familiari in cui l'amore si mischia al rancore in modo indissolubile. La voglia di riscatto, le difficoltà che potrebbero essere risolte se solo il parente x facesse quello (senza pensare che il parente x ha mille motivazioni per non farlo e non è tenuto a mettersi nei guai per aiutarti ogni qual volta ti ficchi in un casino), le gelosie, le alleanze, i tentativi maldestri di porre rimedio a problemi che invece diventano ancora più giganteschi.

 La Hayashi mette in scena un microcosmo in cui ci troviamo tutti, tutti i giorni senza bisogno di avvenimenti spettacolari.

 Non ho capito bene la scrittura femminile dove fosse: perché è una storia familiare? Allora in Italia siamo pieni di scrittori con la scrittura femminile con tutte le saghe familiari che sbocciano in libreria.
 Straconsigliato a tutti, in particolare a chi ha una famiglia numerosa e complicata.

Ed ecco, nel frattempo sto finendo "Le donne della Principal" un curioso libro classificato come giallo che però...non lo è!

 Voi li avete letti? Volete spezzare una lancia in favore di Jacopo e French? Mi spiegate la faccenda femminile della Hayashi? Testimoniate!

2 commenti:

  1. Non ho letto né l'uno né l'altro, ma ora mi procurerò Lampi, aggiungendolo così alla pila di libri che prima o poi sono sicura che leggerò, casomai andassi in pensione a quarant'anni e vivessi fino a centoventi. VOGLIO CREDERCI.
    Ho apprezzato molto la cattivissima recensione dell'altro.

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  2. Quella gif meteorologica è un po' da epilessia, eh! ^^;

    E ho dovuto gugolare per capire che cosa sia un cim (approdando al Centro di Igiene Mentale solo dopo essere passata per il Club Italiano del Molosso e il Coordinamento Italiano Motociclisti - che sarebbero stati infinitamente più divertenti, nel contesto, diciamocelo XD). A mia discolpa, credo che dalle mie parti sia più comune, in questi casi, invocare il TSO.

    Per il resto, mai letta la Hayashi, purtroppo, ma credo che la chiave del mistero sia tutta lì: l'hai detto tu riassumendo la trama, intrecciando le proprie vicende amorose. Di 'ste cose può parlare solo una donna, no? E i lettori uomini hanno il compito di ritrarsi schifati davanti a certe tematiche, per andare a leggere qualche storia di disperazione ed eroismo ambientata fra camionisti, agenti segreti, minatori, samurai o lottatori di sumo. Scritta rigorosamente da un autore uomo, eh!
    Quanta tristezza! :P (E quante risate pensando a tutte quelle autrici che si sono affermate utilizzando pseudonimi maschili XD )

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