giovedì 30 novembre 2017

Piccole recensioni tra amici! L'amore al tempo dei trentenni in una doppietta con un NI stiracchiato e un SI' convintissimo: "La giusta mezura" di Flavia Biondi e "Corpi sonori" di Julie Maroh.

 Tornano, dopo un'infinita di tempo, le piccole recensioni tra amici!

 Casualmente le due recensioni di oggi, una molto positiva, l'altra meno, hanno un tema simile: l'amore al tempo dei trentenni.
 Come amano i trentenni di oggi? Nel modo stereotipato delle serie tv in cui fanno robe confuse come innamorarsi e sposarsi dopo 3 secondi o peterpaneggiando eternamente amando smodatamente rotolarsi sul divano col pc davanti?

 Non proprio. Come scrivo anche nella recensione di cui sotto al libro di Julie Maroh, semplicemente, i trentenni di adesso amano in un modo che una società molto ipocrita e molto bacchettona (e molto vecchia e attaccata ai bei tempi che furono, nostalgici verso decenni della storia italiana opposti e diversi) non è disposta a rappresentare.

 Ma non esiste solo quello che si vede, e non è vero che una società molto social mette in mostra davvero tutto.

 Ci sono cose nascoste molto bene e i trentenni che smanettano coi pc molto meglio dei cinquantenni (tendenzialmente) sanno cosa filtrare e cosa no.
 Almeno una buona parte.

 Forza! Bando alle ciance! Recension!

LA GIUSTA MEZURA di Flavia Biondi ed. Bao Publishing:

 Era, sia perché molto pubblicizzato, sia perché i precedenti lavori di Flavia Biondi sono considerevoli, un libro molto atteso. Ecco, forse un libro troppo atteso.

  Quindi immaginavo una storia straordinaria, anche perché, ripeto, tutti i suoi libri precedenti, anche quelli editi Renbooks mi avevano colpito molto.

 Invece il mio è un NI molto stiracchiato.


Forse perché esce dopo un libro, sempre Bao, in qualche modo molto simile, "Un anno senza te" di Luca Vanzella e Giopota, forse perché il finale è troppo ottimista (è sempre difficile essere crudeli coi propri personaggi, sono come figli in un certo senso), non mi è parso un libro particolarmente potente.


 La storia è quella di una giovane coppia in giusta crisi. Giusta perché quando ti fidanzi molto giovane e raggiungi la prima maturità è, secondo me, ovvio che arrivino cascate di domande e dubbi: chi sono io? Chi è la persona che ho accanto? Siamo quelli di dieci anni fa o siamo cambiati? 

 Domande legittime a qualsiasi età, ma tra i 19 e i 29 anni passa effettivamente un'eternità.

 A 19 sei gioioso e pieno di fiducia verso il mondo, inizi a studiare all'università convinto che riuscirai a fare tutto quello che sogni e desideri poi pem, appena ti laurei la realtà ti schiaffeggia fortissimo.
 Nell'arco di sei mesi passi dallo scrivere una complicatissima tesi che analizza 700 libri diversi al battere scontrini in un supermercato o cimentarti in altri ameni lavori che i giovani non choosy devono fare prima di sperare di agognare ad un malpagato stage.

 Sì lo sapevi anche prima studiando alcune facoltà (sempre di più in realtà) che non sarebbe stato facile, ma nessuno ti aveva avvisato che sarebbe stato proprio impossibile. 
 Soprattutto nessuno ti aveva detto che saresti passato in un lampo dall'incoraggiamento collettivo a perseguire i tuoi sogni, al "bisogna iniziare a lavorare, butta alle ortiche tutto e smettila di perdere tempo con cose inutili".
 Come dice uno dei protagonisti: se è così perché non smettono di fingere fin dall'inizio?

 Il tema quindi c'era: il momento dello scarto tra giovinezza ed età adulta che diventa crisi esistenziale ed anche amorosa.

 Lei ama lui o forse non lo ama più, non lo sa, lui è preso da un romanzo medievale che pubblica a puntate su internet, vivono insieme (ad altre 4 persone ex universitari) ma non si parlano più, perciò quando arriva la tentazione bisogna cedere o no?

 Non so, non mi ha convinto. Ho trovato l'idea forte, ma lo svolgimento non all'altezza.

  Tutto alla fine si risolve troppo bene, ci sono pezzi di trama un po' inutili (il famoso padre lontano a cui lei presta una quantità di soldi che non so neanche bene come faccia a mettere da parte) o i momenti della storia medievale (sì, lo so che sono il modo che lui ha di esprimersi, ma è un po' telefonato come si dice a teatro) che di certo rapiranno il cuore di alcuni, non hanno rapito il mio.

 Nei libri precedenti, penso anche a "L'orgoglio di Leone", la Biondi non ha avuto paura di prendere decisioni difficili ed essere "cattiva" quando serviva. 

 Non ha offerto soluzioni facili che invece qui, ad un certo punto, sembrano a portata di mano.
 Peccato.


CORPI SONORI di Julie Maroh ed. 9L Panini:

 Julie Maroh, l'autrice del fortunatissimo "Il blu è un colore caldo" trasporto al cinema in un bel (oh per me, lungaggini a parte, è davvero bello) film "La viè d'Adele), ha dato alle stampe una nuova fatica: "Corpi sonori".

 Premettiamo che, a me il famoso primo libro era piaciuto abbastanza, a parte il veloce e scontato (per una storia lesbica, far morire una delle due è davvero scontatissimo) finale, ma l'avevo perdonata per la giovanissima età in cui l'aveva pensato e disegnato.

 Tuttavia il secondo, "Skandalon", che ad una presentazione avevo sentito cripticamente (per me ancora cripticamente) definire "l'altra faccia della medaglia" di "Il blu è un colore colore caldo", non mi era piaciuto affatto.

 Se era straordinariamente migliorata dal punto di vista grafico, la storia era proprio poverella: un cantante maledettissimo, bello, ma maledettissimo, in cima a tutte le classifiche, finisce al centro d'uno scandalo e di una vendetta per aver violentato una ragazza.

 Un'idea affrontata male e anche in modo banale, e sì che c'era pure uno spunto in carne ed ossa: il cantante dei Noire Désir che uccise a botte la compagna, la cantante Marie Trintignant.

 Ero poco fiduciosa perciò verso "Corpi sonori" e invece è uno dei miei consigli per il Natale.

 Il target specifico è: trentenni e poco più che trentenni (o poco meno) perché è di loro che parla questo libro con un tema, l'amore, in tutte le sue innumerevoli declinazioni contemporanee.

 Vi ricordate "Comizi d'amore" di Pasolini che indagava i nuovi costumi sessuali degli italiani? Ovviamente la Maroh non è all'altezza di Pasolini, ma fa un'operazione simile: come amano e come percepiscono il sesso i trentenni d'adesso? Nel modo patinato e plastificato che ci restituiscono i media? Siamo davvero una generazione pigra, più attratta dal pc che dal sesso? Incapace di vere relazioni, liquidi come liquida è la società, egocentrici, egoisti ecc.

 No, in realtà le cose stanno in un modo molto diverso. 

 Come dimostra Julie, semplicemente, i cosiddetti Millennials percepiscono l'amore e il sesso in un modo che la società, molto vecchia e bacchettona, non è disposta assolutamente a rappresentare.

 Perciò fanno sesso, s'innamorano, si disinnamorano in modi irrappresentabili e quindi invisibili.

 Julie Maroh, in questo libro diviso per brevissimi episodi cerca di compendiarne il più possibile, ambientando tutte le storie nell'aperta e cosmopolita Montreal in cui religioni, etnie, nazionalità e orientamenti sessuali di qualsiasi genere, vivono felicemente sotto l'ombra benevola del Canada di Trudeau, quasi ultimo baluardo di convivenza civile in un mondo sull'orlo di una crisi di nervi d'odio e bacchettonaggine.

 Sono rappresentate coppie di ogni genere (anche una troppia!): gay, lesbiche, etero, miste, poliamoriste, giovani, anziane. 

 E' rappresentata la storia d'amore di una donna lesbica e un uomo transgender (è la PRIMISSIMA volta che ne vedo rappresentata una in qualche forma, finora avevo visto un paio di film in cui era presente una storia d'amore tra una donna lesbica e una donna transgender).

 C'è l'amore come ossessione, chi preso dalle proprie paturnie personali non trova neanche il coraggio di scrivere un messaggio e distrugge sul nascere una potenziale storia d'amore, il ragazzo che segue in biblioteca la ragazza velata a cui non ha il coraggio di rivolgere parola, c'è l'amore a prima vista e chi ricorda un vecchio amore che non c'è più, c'è chi fa l'amante innamorato di qualcuno che vuole solo un amante (questa è una grande hit di qualsiasi generazione), c'è anche il ragazzo innamorato di una poliamorista che non riesce ad accettare il poliamorismo (su questo potremmo aprire un dibattito eterno, ma conosco DAVVERO persone che si sono lasciate per questo motivo, quindi quando ho visto finalmente questa storia ero strabiliata).

 Se davvero volete sapere cosa fanno i trentenni dietro i loro paraventi, se davvero immaginate che passino le loro serate unicamente sul divano a guardare Netflix, questo libro distruggerà ogni vostra certezza.

 Davvero davvero bello.

mercoledì 29 novembre 2017

Aggiornamenti vari ed eventuali su Giveaway per chi acquista i miei due favolosi tomi, incontri a Più Libri Più Liberi e recensioni!

 In questi giorni sono svanita perché, per un nuovo progetto di cui parlerò dopo Natale, sto studiando come una pazza.

 Con mio grande piacere ho scoperto che molto di quel che credevo di aver dimenticato dopo l'università, in realtà è sempre stato nel mio cervello e aveva solo bisogno di una rinfrescata. Ciò non toglie che la rinfrescata richieda tempo.

 In ogni caso, ci sono diverse cose sui due libri appena usciti che richiedono un aggiornamento per chi non mi segue sui social vari:

1) Ho lanciato un giveaway.
 Ho meticolosamente disegnato tre tavole natalizie che possono essere gioiosamente vinte da chiunque compri e  faccia una foto o a "Quanti dolori, giovane libraia!" o a "Litania per un lettore lamentoso". Foto con o senza di voi da farmi giungere come favorite, attraverso social o la solita mail: lagiovanelibraia@libero.it

 La scadenza, visto che in parecchi posti i libri ancora non sono arrivati è il 15 dicembre (dopo c'è il rischio che le poste non ve li facciano giungere per Natale come spero avvenga).
 Questi gli avvenenti oggetti del desiderio:



Ps. Ho anche due disegnetti di prova, molto meno belli e appunto di prova, quindi non sexy e avvenenti come questi, probabilmente li donerò in fiera, come dove ve lo segnalo appena ho capito.


2) Il libraio ha scritto un articolo su "Litania per un lettore lamentoso" che ha reso molto gioiosa e felice le mie giornate!
  

                   Recensione su "Il libraio"


3) Vi ricordo che sarò a PIU' LIBRI PIU' LIBERI. Devo finire la locandina (non so quando non so come, ma lo farò), intanto indicativamente posso dirvi che:

Il 6 mattina sarò allo stand 001
Il 6 pomeriggio allo stand Verbavolant, anche perché alle ore 17:30 ci sarà un incontro con me e Marco Petrella nell'ambito della manifestazione (guardate bene il calendario degli eventi quei giorni, appena so la sala la segnalo).
Il 7 mattina sarò da Verbavolant e il pomeriggio da 001 e l'8 mattina probabilmente da 001.
 Poi torno a Milano a tumularmi in libreria.
 Vivande e calore umano saranno benaccetti.




sabato 25 novembre 2017

La giornata contro la violenza sulle donne e il vero fulcro del problema: quel legame potentissimo tra potere, virilità e sottomissione. Leggere "The Power" di Naomi Alderman per capire.

 In questa giornata contro la violenza sulle donne, potrei parlare di molti libri, infiniti, troppi purtroppo.

Potrei ricordare, e la ricordo ora, come ogni anno, Stefania Noce  per l'emblematicità della sua storia, quella di una studentessa universitaria, femminista, consapevole, uccisa assieme a suo nonno dall'ex fidanzato che non accettava la fine della loro storia.

 Emblematica perché distrugge molti alibi che vogliono la donna sempre complice della violenza che subisce: non era una persona debole, non era fragile, non subiva, non si era messa con un "poco di buono". E comunque nessuna di queste cose è una motivazione per subire violenza o per esserne dette complici.

 Il libro di cui credo sia il caso di parlare oggi è "The power" di Naomi Alderman, libro di fantascienza, infelicemente e incomprensibilmente tradotto dalla Nottetempo edizioni col titolo "Ragazze elettriche".

 Incomprensibilmente perché sì, la trama parla effettivamente di un futuro vicino in cui le adolescenti sviluppano d'improvviso una sorta di organo posto vicino alla clavicola che permette loro di generare scariche elettriche devastanti (ma anche in grado di dare piacere se usate in un certo modo), ma non è certo quello il fulcro della trama.
 Come, nella giornata sulla violenza sulle donne, non è davvero la violenza la questione su cui dirimere.

 Quello di cui si dovrebbe davvero parlare è lui: IL POTERE.


 Ho visto su fb che molti hanno già iniziato la solita tiritera del: ah, ma non sono solo contro la violenza sulle donne, sono contro la violenza in generale. Grazie. Davvero un contributo prezioso e soprattutto pregnante sulla questione. Siamo tutti contro la violenza. O almeno pare che oggi lo siano tutti, dopo aver passato mesi a buttare odio sui migranti e altre sciocchezzuole del genere.


 Il punto non è essere contro la violenza, ma capire perché esiste nella forma in cui esiste la violenza sulle donne che, personalmente, credo abbia la stessa radice di tutti i tipi di violenza: la sopraffazione e la sottomissione.

 Quel che è importante capire, e che il libro di Naomi Alderman spiega molto bene, è perché nel caso della violenza sulle donne ci troviamo di fronte a una manifestazione così frequente, virulenta, abituale eppure allo stesso tempo incompresa e incomprensibile, come visto anche durante il caso Weinstein.

 Nel libro della Alderman appunto delle adolescenti scoprono improvvisamente di possedere questo organo in grado di generare scosse elettriche violente, anche mortali se incontrollate.
 La cosa interessante è che la trama si concentra sul momento esatto della scoperta. Non ci troviamo 10 anni dopo o 20 anni dopo, ma nell'esatto momento.

 Come se voi domattina vi svegliaste e scopriste che siete in grado di mandare in tilt tutti gli elettrodomestici di casa o poteste diventare una sorta di teaser vivente.
 Come vi sentireste?
 Terrorizzati, spaventati, non credo felici di una cosa potenzialmente mortale che non sapete che conseguenze potrebbe avere sugli altri, ma anche su di voi. Potrebbe uccidervi? Potrebbe uccidere?

 Ma se voi vi trovaste in una situazione terribile. Se voi foste la ragazza rumena ridotta in schiavitù da quell'uomo in Calabria, se foste una donna finita nella tratta delle bianche, se vi trovaste in un paese del mondo in cui essere donna vi impedisce di uscire di casa senza la presenza di un uomo, come la prendereste?
 Non vedreste forse una possibilità di fuga? 

 Ed è quello che le protagoniste della storia, la figlia di un boss della mala che vede sua madre uccisa da scagnozzi rivali e una ragazzina abusata dalla famiglia affidataria, si rendono conto di poter fare.
 Loro POSSONO usare a loro vantaggio le potenzialità del nuovo inaspettato organo. Loro hanno POTERE finalmente.

E lo scoprono le donne dell'Arabia Saudita, lo scoprono le donne costrette alla prostituzione, lo scoprono pian piano tutte le donne sottomesse del mondo. Quelle che finora il potere lo hanno subito.
 Più lenta e terrorizzata è invece la consapevolezza di chi, dopotutto, quel potere non lo subiva con forza, di chi vorrebbe che tutto restasse uguale perché andava tutto bene, non c'era nessun problema.
 La sottomissione data dal potere costituito, su di loro, non era davvero forte.

 Ed è quello che accade alla figlia adolescente di un'altra protagonista, una politica americana che si batte perché vengano istituiti dei campi per addestrare queste ragazze, cosa a cui gli uomini si oppongono strenuamente, speranzosi che il problema così com'è nato, muoia.

 Ma il problema si aggrava quando si scopre che non solo le ragazzine posseggono quest'organo, ma sono in grado di "risvegliarlo" anche nelle donne adulte.

 In un crescendo si arriva ad un punto in cui il sistema basato sul potere precedente inizia a scricchiolare: l'Arabia Saudita vive una stagione di rivolte femminili che cacciano gli sceicchi al potere, a est sorgono degli stati indipendenti, negli Stati Uniti viene fondata una religione femminile e le ragazze più giovani capiscono che il potere adesso pende dalla loro parte e iniziano a farne assieme all'uso anche un abuso. Le parti iniziano a invertirsi e il mondo corre verso un'inevitabile, gigantesca guerra.

 Perché questo libro è particolarmente bello?


 Perché non parla di difetti maschili e virtù femminili o difetti femminili e virtù maschili. Non ci dice che un mondo governato da donne sarà migliore perché le donne "sanno ascoltare, sono madri, sono assertive, sono qui e sono lì" (anzi) questo libro racconta benissimo qual è la vera questione in gioco: il potere.



 Il sistema di potere vigente, di stampo patriarcale (in occidente picconato abbastanza nell'ultimo secolo, ma non tanto quanto crediamo) si fonda su un'idea di maschile e femminile contrapposti.

 Non solo, ma pretende che la virilità, l'essenza stessa degli uomini, debba essere continuamente comprovata tramite atti di forza e sottomissione nei confronti di altri uomini, ma, soprattutto nei confronti di chi si ritiene più debole: donne, omosessuali (non ritenuti "davvero" uomini e anche per questo confusi con le donne transgender), minoranze varie ed eventuali.

 Ma, in primis, gli uomini per essere "veri" uomini devono stabilire il loro potere su coloro che per prime ritengono "altro" rispetto a loro: le donne.


 Un "vero" uomo non si fa mettere i piedi in testa da una donna, non permette che una donna comandi, non tollera una donna sopra di lui, non tollera che una donna possa prendere la decisione di lasciarlo, di andarsene, di essere indipendente.


 Un uomo che non ha "il controllo" della propria donna come fa a dirsi tale? La virilità si misura nella quantità di potere che riesci a dimostrare di avere.

 Ovviamente so che per molti uomini finalmente non è così e dico finalmente anche e soprattutto per loro.

 Perché se ritengo che una donna debba essere libera dagli stereotipi che la vogliono, moglie, madre, sposata, sottomessa, meritevole di lavori ancillari e mai di comando, angelo del focolare e via dicendo, penso che un concetto di virilità del genere debba essere insostenibile anche per molti uomini.
No, non è una vecchia pubblicità progresso,
ma una delle "terrorizzanti" cartoline
anti-suffragette 


 Il dover sempre dimostrare qualcosa, ostentare, mostrarsi, essere sempre sottoposti al giudizio di chi misura ogni gesto, di chi controlla se piangi, se hai un lavoro migliore di tua moglie, se guadagni abbastanza, se hai abbastanza oggetti di potere, se banalmente hai la patente o no, se preferisci stare a casa ad accudire la pargolanza mentre tua moglie lavora ecc, credo sia un peso terribile da sopportare.


 Un peso particolarmente gravoso per chi, per educazione o contesto sociale, misura la propria vita in base a quello che riesce a dimostrare e a dimostrarsi, non per quello che alla fine realmente è.

 E così se un uomo esiste agli occhi degli altri e di se stesso solo se dimostra di "avere il potere" e di poter pretendere "sottomissione" da qualcuno sempre e comunque, per quell'uomo il potere è la cosa più importante.

 Senza, cosa rimarrebbe di lui, pensa? Niente.

 Se dimostro che lei può lasciarmi, chi sono io? Nessuno.

 Il potere è una cosa molto importante anche quando non determina chi siamo, ma quando è l'unica ragione della nostra esistenza, diventa tutto.

 Se davvero vogliamo che la violenza sulle donne termini, se vogliamo che qualsiasi tipo di violenza termini ciò che dobbiamo davvero spezzare è il nesso tra virilità e potere e tra potere e sottomissione, della donna in primis.



 Quando questo circolo perverso sarà spezzata allora saremo tutti liberi, tutti, uomini e donne, etero e gay, autoctoni e migranti, chiunque.


 Un gioco di potere da cui molte donne non sono esenti.


Ci si chiede spesso: perché tante donne non sembrano essere dalla parte delle altre donne che subiscono violenza?
Perché anzi, spesso, gli insulti peggiori sembrano arrivare da loro? 

 Perché nel caso Weinstein molte si sono dimostrate incapaci di empatia (e mi spiace non credo che esista donna sulla terra che non abbia subito una molestia)?

 Perché anche qui parliamo di potere.

 Se pensi che una vera donna acquisisca un ruolo (e quindi uno status) dall'essere sottomessa, dal comportarsi in un certo modo, dal dimostrare continuamente di essere inserita esattamente nei canoni prestabiliti, quelli della purezza, della devozione assoluta, della fedeltà, della sessualità nascosta e repressa, allora per te dimostrare di essere migliore di chi non si adegua diventa una conferma della propria importanza.


 Io seguo davvero le regole e a me quello che capita alle altre non succederà mai.

 Chi vuole sovvertire le regole se la va a cercare.
 Una "vera" donna sa stare al suo posto.
 Una "vera" donna sa dove risiede il suo potere: nell'appartenere a un uomo in grado di esercitare un grande potere.

 Non sono così ottimista sullo sgretolamento del sistema patriarcale in tempi brevi. E non lo è nemmeno la Alderman nel suo libro.
 Nessuno cede il potere senza combattere e il potere, proprio come l'anello di Sauron ne "Il signore degli anelli" è una tentazione potentissima, che muove eserciti, scatena guerre, divide le famiglie e resiste in ogni modo alla volontà degli uomini di distruggerlo.



 Ps. Non mi sono soffermata lungamente sul concetto della donna come primigenio "altro" per l'uomo perché ci si potrebbe scrivere un saggio e ovviamente sono stati scritti.



 Ma è un nodo troppo importante per essere lasciato cadere così perché è su questo nodo che si basa gran parte del subdolo modo in cui si convincono molte donne a difendere con le unghie e con i denti quello che ritengono un ineluttabile destino, a minimizzare le violenze, a pensare che sbaglia chi vuole cambiare le cose, anzi, che chi vuole cambiare le cose sia un sovversivo che vuole rovesciare un presunto ordine naturale.





 Per approfondire:

  "Il secondo sesso" di Simone de Beauvoir
  "Speculum. L'altro in quanto donna" di Luce Irigaray
  "L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato" di Engels
  "Il racconto dell'ancella" (visto che peraltro adesso va di moda)
 "La fabbrica delle mogli" di Ira Levin
 "La mistica della femminilità" di Betty Friedan
 "Gli uomini mi spiegano le cose" di Rebecca Solnit


giovedì 23 novembre 2017

L'Italia fuori dal mondiale. Il calcio è sempre una facezia o ha avuto una parte nella storia? 4 Storie e 5 libri correndo dietro un pallone tra Auschwitz, rivoluzione ungherese, desaparecidos e guerra civile iugoslava.

 Ebbene sì, è accaduto. L'Italia è fuori dal mondiale.

 Una notizia, ne do atto al mondo, che insomma nel mare magnum del delirio a cui veniamo sottoposti giornalmente dalla politica internazionale, può fregare relativamente. Eppure.

 Eppure i mondiali rendono le estati per chi non le ama troppo, come me, sopportabili, e per chi le adora, indimenticabili, tra gli ultimi baluardi dell'immaginario collettivo in un mondo liquido.

 Non posso ovviamente avere memoria dei mondiali del 1986 perché avevo due anni e anche di Italia '90 ricordo a stento la canzone di Bennato e Nannini come una sorta di sogno nelle serate estive in Sardegna.

 Ho più memoria di Usa 1994. Avevo dieci anni ed ero in Sardegna con mia madre e mia sorella, al solito. Come fossimo nel pieno negli anni '50, in una casa che non aveva elettrodomestico alcuno (esclusa la lavatrice), ascoltavo le partite alla radio tentando di capirci qualcosa da sola, visto che mio padre se ne stava dall'altra parte del Tirreno a lavoro.

 Il 1998 me lo ricordo come un anno fiacco in cui vinsero oscuramente i francesi e nel 2002 ero completamente disinteressata, presa com'ero a scrivere, durante i pomeriggi caldissimi di partite con gol continuamente annullati, il romanzo che credevo mi avrebbe dato la gloria.

 Il 2006, stranamente, è stato l'unico mondiale che ho seguito dall'inizio alla fine e ricordo benissimo dove fossi a ogni partita (compresa la volta in cui, durante Italia-Ucraina, vista in un centro sociale, rischiammo le botte di un raid di fascisti di Latina). Etcetera etcetera etcetera. 

 Perché vi racconto questi inutili spaccati di vite che non sono la vostra?

 Per arrivare al vero punto della faccenda: per tutti gli italiani non usualmente appassionati di calcio, come me, che a stento ne capiscono le regole, i mondiali non sono tanto una gara sportiva quanto un insieme di ricordi. E' più semplice fissare nella memoria qualcosa legato a un momento comune.

E  poi, siamo poi completamente certi che lo sport sia una sciocchezzuola senza veri legami col presente? Una distrazione dalle cose importanti, avulsa dal corso della storia?
 Non proprio. Non sempre. Ho raccolto alcuni libri che dimostrano come calcio e storia si siano incrociati, dolorosamente, qui e lì.

Non ci credete? Let's go!


DALLO SCUDETTO AD AUSCHWITZ di Matteo Marani ed. Imprimatur:

 In questi tempi di revisionismo storico, in cui si cerca di far passare  nazisti e fascisti per poveri perseguitati della libertà di parola e non per gente che si rifà a regimi che hanno causato lo sterminio calcolato di milioni di persone, una guerra mondiale e un'Europa ridotta in macerie, fa bene ricordare la storia di Arpad Weisz.

 Forse, infatti, non tutti sanno che l'allenatore più giovane a vincere uno scudetto italiano fu proprio lui, a trentaquattro anni, ex calciatore ungherese, con l'Ambrosiana.

 Ma andiamo con ordine.

  Il buon Arpad nasce nel 1896 in un paese vicino a Budapest. Crescendo dimostra di saper giocare a calcio, viene anche convocato in nazionale e inizia a giocare in alcune squadre italiane finché un infortunio lo blocca.

 Scopre però di saper allenare e, sostenuto dalla moglie, iniziano i successi culminati nello scudetto dell'Ambrosiana. MA.
 Ci sono, purtroppo, due MA grossi come una capanna nella vita di Arpad: è ebreo e in Italia c'è il regime fascista.

 Quando vengono promulgate le leggi razziali (sì, proprio quelle che adesso qualcuno cerca di farci credere che furono uno scherzetto da niente), è costretto a riparare in Olanda assieme alla moglie ai figli. Lì ricomincia ad allenare, ma la mano lunga del nazifascismo lo raggiunge infine nel 1942.

 Deportati ad Auschwitz, i figli e la moglie verranno subito uccisi nelle camere a gas, mentre lui vivrà ancora 15 mesi in un altro campo di concentramento prima di esservi riportato e assassinato nel gennaio del 1944.

 Esiste un libro con la sua storia, "Dallo scudetto ad Auschwitz" di Matteo Marani ed. Imprimatur e, proprio in questi giorni, è uscita una graphic novel a lui dedicata, "Arpad Weisz e il littoriale" di Matteo Matteucci ed. Minerva.

 E' MOLTO BENE rinfrescarsi la memoria dei tempi andati e delle vittime che ha mietuto.


LA SQUADRA SPEZZATA di Luigi Bolognini ed. 66thand2nd:

 Più dell'esclusione dal mondiale fu questo libro nello specifico a darmi l'idea per questo post (sì, parecchio e parecchio tempo fa, c'è un grande limbo dove galleggiano decine di post ipotetici).

 Negli anni '50 la nazionale ungherese era fortissima, imbattuta per 28 partite e 4 anni fino alla finale dei mondiali del 1954 giocati in Svizzera.

 Durante l'ultima partita, a Berna, persero 3 a 2 contro la Germania Ovest (praticamente lo smacco definitivo in tempi di guerra fredda) e non ci fu nessuna rivincita negli anni successivi.

 Nel 1956 infatti i carri armati sovietici invasero Budapest per sedare l'insurrezione antisovietica causando morti, feriti e profondi strascichi politici e sociali nel paese magiaro antisovietico e socialista al tempo stesso (come anche lo stesso protagonista di questo romanzo di docufiction).

 Cosa c'entra la rivoluzione con la nazionale ungherese? 

 Molti tra i giocatori migliori militavano nell'Hònved, squadra che nei giorni dell'insurrezione si trovava in Spagna per una partita della coppa dei campioni.

 I giocatori, alla luce delle tristi notizie ad est, rifiutarono di tornare e rimasero in occidente nonostante l'Uefa  finisse per squalificarli tutti per due anni.

 Il più famoso di loro, Ferenc Puskàs, riuscì a tornare ai mondiali, nel 1962, nella nazionale spagnola dopo l'avvenuta naturalizzazione. Aveva troppi anni di più e la Spagna non andò oltre i gironi.


L'ULTIMO RIGORE DI FARUK di Gigi Riva ed. Sellerio:

 Il Faruk del titolo era Faruk Hadzibegic, capitano della nazionale iugoslava che calciò (male) il calcio di rigore decisivo ai quarti di finale Argentina-Jugoslavia di Italia 1990.

 La nazionale iugoslava perse e due anni dopo non esisteva più, assieme al paese, mai vero paese, che dopo la morte di Tito aveva iniziato ad agitarsi fino a correre verso la sanguinosissima guerra civile.

 Non ricordo ovviamente nulla di questa partita e ho un'insieme di immagini angosciose della guerra civile nei balcani. 

 Ricordo le letture a scuola, i servizi al telegiornale, le signore che chiedevano l'elemosina in metropolitana dicendo di venire alla Bosnia e la confusa sensazione che un giorno le bombe sarebbero arrivate anche da noi.

 Ma nel 1990 la Iugoslavia era ancora una nazione e aveva ancora una nazionale e l'interrogativo di Riva è: se Faruk non avesse sbagliato quel rigore, se la nazionale avesse vinto i mondiali, si sarebbe potuta evitare se non rimandare la guerra?

 La nazionale, come anche il tifo degli ultras, era già frantumata in mille pezzi che non combaciavano: croati, serbi, bosniaci, montenegrini, musulmani, cristiani.
  Ma in effetti se c'è una cosa che gli eventi sportivi e l'uso politico che molti ne hanno fatto (come si vedrà poi nel libro seguente) ci hanno insegnato è che c'è una stretta correlazione tra un evento sportivo nazionale e nazionalismo.

 Una vittoria di una nazionale composta da tutte le parti di una nazione avrebbe contribuito a far rinascere un forte spirito nazionalista?
 Ho i miei serissimi dubbi in proposito. Faruk, almeno a mio parere, può dormire tutti i sogni tranquilli che desidera.


I MONDIALI DELLA VERGOGNA di Pablo Llonto ed. Alegre:

1978. Argentina.
 Due anni prima un colpo di stato militare aveva deposto Isabel Peròn, vicepresidente e moglie del defunto presidente Juan Domingon Peròn, e aveva instaurato una dittatura con a capo il generale Jorge Rafael Videla.

 Il regime, di stampo fascista, mirò con ogni mezzo alla soppressione di qualsiasi movimento democratico (con particolare repulsione verso le istanze comuniste), facendo un ampio uso di violenze, torture, rapimenti e uccisioni di oppositori (spesso mai più ritrovati, i famosi desaparecidos).

 Per citare solo una delle sue innumerevoli vittime, cadde sotto i suoi colpi anche il fumettista Héctor Oesterheld, l'inventore de "L'Eternauta", rapito e ucciso come anche le sue quattro figlie (di cui due in avanzato stato di gravidanza).

 Come ogni regime fascista che si rispetti, anche quello argentino faceva leva sempre sugli stessi capisaldi: nazionalismo esasperato e glorificato in primis.

 E il mondiale che l'Argentina ospitò e vinse fu l'emblema sportivo del modo in cui il mondo si comportò con la dittatura argentina: accontentandosi di una verità di facciata che rendeva la vita più semplice a tutti.

 Mentre i dissidenti continuavano ad essere catturati e uccisi, il mondo celebrava una festa sportiva che di festoso aveva ben poco, contribuendo a legittimare un regime la cui immagine usciva splendente.

 Li chiamano i fascisti in doppiopetto, quelli che hanno la faccia pulita davanti e il manganello dietro la schiena

 E il mondo li applaudì molto quei mondiali del 1978 che contribuirono a un'ondata nazionalista di cui il paese non aveva certo ulteriore bisogno.
  Del resto è semplice voltare le spalle all'orrore e fingere che non esista nessun centro di detenzione e torture nella Scuola meccanica dell'esercito, a poca distanza da uno stadio pieno ed entusiasta.

 Per vergognarci un po' tutti insieme e metterci in guardia sulla deriva del nostro presente, si può leggere il libro "I mondiali della vergogna" di Pablo Llonto ed. Alegre.


 E ora? Pensate ancora che i mondiali siano una facezia in confronto ai "veri problemi" del mondo?


martedì 21 novembre 2017

Il 23 novembre esce il nuovo libro di fumetti del blog: "Quanti dolori, giovane libraia!"! Tutti i riferimenti per chiederlo in libreria et fumetteria e un piccolo fumetto sulla mia svagatezza attuale. Sottolineo ancora: taaaaanti inediti all'interno!

 Finalmente riesco a postare il lancio del nuovo libro sul blog.
 L'anno scorso ero preparatissima, quest'anno il tempo sembra sfuggirmi di mano!
Ma vabbeh ecco qui!

 Ricapitolando: il 23 esce il mio nuovo libro di fumetti e vignette del blog "Quanti dolori, giovane libraia!", con cose già viste sul blog e molte altre inedite, tra cui contributi di librai e bibliotecari italiani.

 Il libro si potrà trovare sia in libreria che in fumetteria che, ovviamente, online.
 Aggiungo che il 6-7 e 8 mattina sarò a Roma alla fiera più libri più liberi, sia allo stand 001 sia a quello Verbavolant per l'altro mio pargolo, "Litania per un lettore lamentoso".

 In più aggiungo ancora quello che troverete anche nel fumetto ossia i dati per reperire il fuxieggiante tomo:

Autore: Laura Mango
Titolo: "Quanti dolori, giovane libraia!"
Editore: 001 edizioni
Isbn: 9788871820132
Distributore per le librerie: Messaggerie
Distributore per fumetterie: Manicomix

 Visto che è già un post pieno di dati tecnici, i ringraziamenti li lascio a dopodomani quando poserò fiera con la creatura! 

Intanto grazie a tutti voi, che se non aveste creduto e comprato il primo libro, questo secondo non avrebbe mai visto la luce (sono ancora incredula)!

 E grazie ovviamente all'editore...oddio no, sto ringraziando di già il mondo. Mi fermo qui! Al 23!







lunedì 20 novembre 2017

"Del perché non sono andata a Lucca quest'anno" o anche "Per organizzare un'unione civile servono molti mesi"!

 Allora, oggi volevo mettere il fumetto di lancio per il nuovo libro di fumetti e vignette del blog che esce questo giovedì, 23 novembre in libreria, fumetteria e online (sarebbe anche ora visto che oggi è il 20).

 Mentre disegnavo, però, mi sono resa conto che il fumetto non avrebbe avuto molto senso se non ne avessi postato uno precedente che avevo cominciato e mai finito a fine ottobre (quante cose non finite nei miei quaderni!).

 Insomma, questo che leggerete oggi è un fumetto propedeutico a quello di domani e, in verità, propedeutico a molti fumetti che vedrete apparire nei prossimi mesi.

 Intanto, siccome repetita iuvant, ricordo alle masse che il nuovo libro in uscita si intitola "Quanti dolori, giovane libraia!" e conterrà molti inediti!

 Quali? Se mi seguite sui social lo scoprirete nei prossimi giorni!

 Intanto: "Del perché non sono andata a Lucca quest'anno" o anche "Per organizzare un'unione civile servono molti mesi"!




venerdì 17 novembre 2017

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Zerocalcaramazon".

 Come sapranno pure i sassi, in questi giorni è uscito il nuovo libro di Zerocalcare che si è già lanciato nelle sue torrenziali sedute di dedica che manco Stakanov.

 Come succede a tutti gli autori che a un certo punto escono dal pubblico di nicchia (nicchia anche grossa, come lo è appunto e per esempio il pubblico dei fumetti) per giungere alle orecchie e agli occhi della ben più vasta popolazione, anche per lui vale la terribile regola del must have.

 Sostanzialmente, tutti vogliono avere la sua graphic non magari perché siano genuinamente entusiasti, ma perché "Oh, ma lo leggono tutti che io no? E de che parlo a pranzo?".

 Intendiamoci, io non sono contro i must have libreschi, anzi, ce ne fossero il decuplo, il centuplo! Tutti i mesi! In continuazione!

 Staremmo meglio tutti, anche quelli che comprano il libro da avere e poi finiscono per non sfogliarlo mai e per lasciarsi fare il riassunto a voce dal collega nella stessa stanza.
 Almeno c'hanno provato.

 Ovviamene le suddette persone, non sapendo bene di cosa stanno parlando, entrano in libreria e danno vita alla vignetta di cui sotto.

 Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Zerocalcaramazon"!


giovedì 16 novembre 2017

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Viuuulenza".

Lo so, avevo detto post calcistico ed è in preparazione.
 Purtroppo il vessamento natalizio è iniziato, quindi procedo a rilento, ma poiché non volevo continuare il pessimo andazzo del lasciare il blog vuoto, ho deciso per una nuova vignetta, nella quale non mi vedrete come controparte trattandosi di un contributo di altra libraia.
 Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Viuuulenza".


martedì 14 novembre 2017

Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Anche il cartaceo".

 Ed ecco che posto una vignetta infrasettimanale!
 Finalmente, come noterete, ho ripreso una certa regolarità nel postare (domani o dopodomani al max vedrete il primo post a tema calcio del blog, no preocc sarà interessante, almeno spero).
 Il simpatico siparietto di oggi, per la cronaca, è rimasto senza soluzione.
Cose realmente avvenute! Lo giuro! "Anche il cartaceo"!



domenica 12 novembre 2017

Piccole (gotiche) recensioni tra amici! Quattro classici gotici da leggere tra le inquietanti nebbie di novembre tra ragni, castelli, fantasmi dell'opera e hommes fatali.

Ed ecco che finalmente ritorno con un piccole recensioni tra amici.


Magari ultimamente non vi sembra più, ma i post scritti sono i miei preferiti e mi sta davvero spiacendo non riuscire a dedicarmici quanto vorrei (peraltro per una novità prossima ventura farò ancora più fatica, ma terrò duro).

 E' talmente tanto tempo che non mi applico che, come potrete notare, le quattro recensioni di seguito riguardano tutti libri ancora in clima halloweenoso. 

 Sono infatti storie gotiche, tutte però accomunate dall'essere dei grandi classici del passato (alcuni noti, altri riscoperti).

 Non ho ancora un preciso mood novembrino, per ora molti fumetti anche perché rosico ancora un po' per non aver potuto andare a Lucca neanche un giorno (a causa di una cosa che vedrete in un fumetto spero la prossima settimana). L'anno prossimo ci andrò dovesse cascare il mondo.

 Vabbeh, bando alle ciance, ecco a voi le recensioni! Olè!


"IL RAGNO" di Hanns Heinz Ewers ed. Meridiano Zero:

 Se potessi avere un euro per ogni volta che trovo scritto su una fascetta o una quarta di copertina "E' il nuovo Poe" et simili, sarei ricca (se contassimo anche gli euro dei novelli Bukovski sarei direttamente miliardaria).

 Il problema di queste iperboliche fascette, frutto di necessario, ma fuorviante marketing, è che poi finisci per non fidarti più, anzi, per provare un mix letale di repulsione e incredulità verso i tomi che se ne fregiano.

 Quando per All Hallow's Read mi è capitato in sorte "Il ragno" di Hanns H. Ewers descritto appunto come "l'erede tedesco di Poe" ero perplessa, nonostante l'invitante copertina vintage con femme fatale e ragno sullo sfondo.

 Diciamolo subito, di erotico questi racconti hanno poco e niente (a parte uno, molto molto disturbante su un anziano truffatore che si trova implicato in una torbida storia di Vudù ad Haiti), ma la promessa di mantenere le atmosfere alla Poe è pienamente mantenuta, anche perché Ewers, vissuto a cavallo tra '800 e '900 pescava dal suo stesso immaginario.

 Il pezzo forte è il racconto che dà il titolo al libro: "Il ragno".

 In mezzo a Parigi c'è la stanza di una pensione in cui gli inquilini iniziano misteriosamente a impiccarsi. Perché lo fanno? Uno studente accetta di abitarvi per indagare e scoprirà che dall'altra parte della strada abita una strana, misteriosa ragazza.

 La figura della donna alla finestra madre di ogni guaio sovrannaturale è curiosamente simile a "L'uomo della sabbia" di Hoffmann, ma l'uso che ne fa Ewers è completamente diverso.

 Anche gli altri sono piacevoli e possiedono una certa vena vagamente perversa che non si ravvisa spesso in Poe, se non in rari racconti, come in quell'autentico capolavoro che è "I cari estinti".
 Da leggere.


"ROMANZO SICILIANO" di Ann Radcliffe:

 Traumatizzata da "Il castello di Otranto", ho sempre guardato con sospetto questi feuileton gotici inglesi ambientati in una fantasmagorica Italia che per loro faceva tanto esotico, ma per noi è casa.

 Ho però voluto infine dare una possibilità ad Ann Radcliffe, se non altro per dovere di lettrice e l'ho trovata graziosa (lo so, gli amanti della letteratura inglese, dopo questo sono lì con un randello), ma non entusiasmante.

 La storia è una faccenda di amore, morte e famiglia che ovviamente non poteva aver luogo, nell'immaginario inglese, che in Sicilia.

 La famiglia Mazzini è composta da padre vedovo, seconda moglie (bella e altezzosa e amante dei toy boy), figlio maggiore e due figlie minori, tutti nati dalla prima dolcissima moglie. I figli sono tutti belli e buoni, i due conti invece perfidi e dediti solo ai propri interessi.

 Mazzini vive a Napoli per anni con figlio e moglie, mentre le due ragazze se ne stanno nel loro castello siciliano a leggere e filare con la governante, la signora Menon.

 Un giorno però, una festa data dal conte, di ritorno nel castello siculo, stravolge le loro vite e prende il via una storia d'ammmmore (tra una delle figlie e un nobile con pochi denari), tra inseguimenti, preti malvagi, rivali vecchi e a dir poco malvagissimi e un riferimento copiato da Charlotte Bronte in Jane Eyre grosso come una capanna (che non posso spoilerare).

 La storia è scorrevole, ma ho la conferma che questo filone non fa per me.
 Di gotico c'è ben poco, mentre abbondano amori, amorini, amorazzi, svenimenti e altre leziosità che non mi appassionano particolarmente, ma fanno probabilmente la felicità di tutti quei lettori che adorano le sorelle Bronte, la Austen e simili.
 Amanti della letteratura inglese, perdonatemi.


"GOTICO AMERICANO" di Robert Bloch ed. Bompiani:

 E' curiosissimo questo romanzo di Bloch perfettissimo per Halloween (sì lo so, è passato, anche se non ho ancora smontato le decorazioni, ma va benissimo anche per le inquietanti nebbie di novembre).
 Curiosissimo perché i ruoli dei protagonisti di questa lugubre storia, più gialla che horror, sono ribaltati, ma andiamo con ordine.

 Siamo a Chicago, durante l'expo del 1893, e Crystal è una giornalista brillante che sogna di competere coi migliori reporter uomini. Ovviamente c'è il solito fidanzato non all'altezza e l'ansia che le mettono tutti per sposarsi, ma lei non vuole cedere e continua a lavorare in un giornale locale, finché un giorno fiuta il colpaccio.

 In città infatti, un avvenente farmacista ha fatto costruire una sorta di castello coi soldi della sua defunta moglie (defunta in un misterioso incendio) e vende rimedi che piacerebbero tanto a molta gente che attualmente si fa infinocchiare da chiunque faccia un video e lo posti su altercaxxate.it.

 Mentre il farmacista truffa gente boccalona, nel frattempo, alcune donzelle, tutte accomunate dall'essere passate per il suo castello, spariscono misteriosamente e Crystal è certa che l'affascinante ciarlatano c'entri qualcosa.

 La storia è concisa, senza eccessivi fronzoli, inquietante e divertente al tempo stesso.

 La situazione a ruoli rovesciati con la presenza di un Homme Fatale invece di una Femme Fatale credo sia il tocco di genio dell'intera trama.

 Al posto di stuoli di uomini che si rovinano per una donna dalla pelle di seta e gli occhi da pantera, qui abbiamo donzelle che per un uomo sexy farebbero qualsiasi cosa.
 Un'intuizione così poco usata (purtroppo) da risultare geniale.
 Fabolous.


"IL FANTASMA DELL'OPERA" di Gaston Leroux:

 Vale qui lo stesso discorso che vale per la Radcliffe: mi sento un po' cretina a recensire un classico, ma voglio farlo per aiutare tutti coloro che magari, come me, sono sempre indecisi se tentare la sorte o meno.

 "Il fantasma dell'opera" è uno di quelle storie di fantasmi che non mi ero mai decisa a leggere per colpa dei film. Non capivo bene perché dovesse interessarmi la tragiromantica storia di un tizio rinchiuso in un teatro e di una cantante d'opera ossia un miscuglio di gran parte delle cose che trovo abbastanza noiose ever.

 Ho poi trovato il romanzo, in realtà una sorta di racconto lungo, sempre all'interno di quella miniera che è "A cinema con il mostro" e ho scoperto che i vari film che hanno ritratto il fantasma dell'opera come un gran figo lievemente sfregiato, in realtà hanno tradito in tal modo l'essenza stessa del libro.

 La storia vede la giovane cantante d'opera Christine Daaè alle prese col sordido mistero che aleggia nel teatro dell'opera dove canta.

 Pare infatti che abiti in misteriosi cunicoli, spesso celati da giochi di specchi (favolosamente descritti nel libro e che lo rendono, in effetti, molto cinematografico), un uomo che dovrebbe anche essere il padrone stesso del teatro.

 Chi sia e perché si nasconda, nessuno lo sa.

 In ogni caso Christine inizia a essere preda di quest'uomo, il cui volto è sempre nascosto da una maschera e che sembra avere un perverso potere su di lei che neanche Raoul, il giovane conte innamorato della ragazza, riesce a spezzare.

 La storia gioca tutto sull'identità del fantasma che non si comprende se esista davvero o sia uno spettro che infesta il luogo, cosa che rende la trama sospesa tra una ghost story e un melodramma romantico (rendendola peraltro un'ottima trama per un'eventuale opera).

 Il finale non posso svelarvelo, ma rende chiaro perché gran parte della trama non ha senso se a interpretare l'uomo del mistero è un figone.

 Straconsigliatissimo per vari motivi, primo tra tutti l'estrema originalità della variazione sul tema. Lui ama lei che ama un'altro, ma se tutto avviene mettendo in mezzo i fantasmi, inseguimenti tra labirinti e trabocchetti, e nel bel mezzo di arie d'opera in un teatro perfettamente descritto, beh il livello sale e di parecchio.
 Lasciate stare i film e prendete il libro.

 Voi ne avete letto qualcuno? Continuerete le vostre gotiche letture anche in questo novembre che pare dicembre visto che ci sono già decorazioni di natale pure sui tombini? Testimoniate!



venerdì 10 novembre 2017

Udite udite! Il 15 novembre esce "Litania per un lettore lamentoso", il libro da parati scritto da me e illustrato da Marco Petrella!

 Post di servizio (domani dovrei riuscire finalmente a sfornarne uno nuovo di recensioni).

 Questo novembre usciranno ben due libri con la mia libresca firma.

  Il 15 novembre uscirà in libreria "Litania per un lettore lamentoso" ed. Verbavolant, scritto da me e illustrato da Marco Petrella.

 Il libro è un libro da parati, ossia un libro che si legge aprendolo come una cartina geografica, per poi finire in un'illustrazione a tutta pagina che può essere appesa al muro (appena mi arrivano le mie copie faccio un video).

 La storia è quella di un lettore che entra in libreria lamentandosi di non trovare nulla che gli piaccia. Un barbuto libraio lo convincerà che ci sono tante trame interessanti a questo mondo e infine il lettore passerà una cosmica serata.

 Tutta la storia è scritta con parole che iniziano per lettera L (così, in un attacco di megalomania).
  Potete trovarlo in anteprima questi giorni, allo stand verbavolant, se andrete al Pisa Book Festival.

(Il secondo libro è il già annunciato "Quanti dolori, giovane libraia"!, pieno di vignette e fumettose storie inedite di libreria, tra qualche giorno posterò la nuova copertina, molto queer diciamo).

Ecco a voi la copertina!


Le prove fotografiche della sua esistenza:



E chi andrà in fiera (questa o le prossime) potrà trovare anche il segnalibro/calendario 2018:


giovedì 9 novembre 2017

"Gran bazar libreria", ovvero "Del cercare assurde merceologie in libreria" (che però sì, lo so, da qualche parte qualche libreria terrà veramente). Un fumetto di strane richieste realmente avvenute.

 In queste ultime due settimane sono stata più latitante del solito, i motivi sono due:

1) Ho avuto gli ultimi giorni di ferie prima della grande chiusa della muerte natalizia
2) Verrà accuratamente spiegato in un fumetto quasi finito che preannuncerà molti fumetti a venire di carattere, udite udite, non di vita di libreria (paura eh?).

 Intanto finalmente vi posto un fumetto che avevo in mente da un po' e affronta il tema sempre più pressante della gran libreria bazar, ossia quelle sempre più numerose librerie che a furia di inserire merceologie nell'assortimento, finiscono per essere dei negozi di varia con, incidentalmente, dei libri.

 Questa premessa che sembrerebbe incitare allo sdegno e all'indignazione, in realtà cela una drammatica verità che tutte le librerie, indipendenti e di catena devono affrontare: tra il tasso di lettura bassissimo e i costi fissi di un esercizio commerciale che incassa molto meno di altri, ma deve pagare sempre lo stesso affitto (ce ne vuole a vendere libri per eguagliare un vestito di Prada o un profumo di marca), per sopravvivere non resta che la via della diversificazione.

 In alcuni casi riesce, in altri però sembra effettivamente aver preso la mano. Non mi è capitato spesso, ma mi sono aggirata anche io per alcune librerie che i libri li avevano visti solo nel nome.

 Comunque, lascio le dissertazioni socio-economiche ad altri e mi accingo a postare un fumetto sulla parte tragicomica che questo comporta: i clienti che entrano in libreria e chiedono le cose più disparate.

 "Gran bazar libreria", un fumetto su cui riflettere.








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