venerdì 22 gennaio 2016

A cosa serve la giornata della memoria se non sappiamo davvero ricordare? O se selezioniamo i ricordi? L'omocausto dimenticato e alcuni consigli di lettura, perché i libri, fortunatamente per noi, non hanno pregiudizi e non selezionano i morti.

E' morto Scola, viva Scola.

L'altra sera mentre ero a lavoro, qualunque mio parente e conoscente stava riguardando in tv "Una giornata particolare" e ci teneva a comunicarmelo in varie forme, dal messaggio sul cellulare a whatsapp, dalla chiamata dei miei allo status su fb. Scola grande maestro, film indimenticabile.

 Mah, mi dicevo io, se è così indimenticabile come mai non ci ricordiamo di cosa parla neanche mentre lo stiamo guardando?

 La trama.
Una donna con sei figli, con marito fascistissimo, è costretta a rimanere in casa durante il giorno della parata col grande dittatore Hitler in visita a Roma.

 Per caso conosce il suo dirimpettaio, un uomo che ella trae inavvertitamente e inconsapevolmente dal suicidio che sta per compiere.

 I due passeranno insieme una "giornata particolare", liberi dal clima oppressivo che uomini e fascismo esercitano su di loro in quanto donna vista come fattrice di figli e schiava casalinga e in quanto...omosessuale.

 Il personaggio interpretato da Mastroianni è infatti un uomo che sta per essere spedito al confino in quanto omosessuale, peccato e reato talmente inquietante nella virile mente italica (vabbeh le lesbiche non sono manco immaginate se non come proiezione erotica di maschi etero) da non meritare neanche una legge che lo condanni.

 "In Italia sono tutti maschi" diceva il duce e applicava un'antica regola italica: non parliamone così fingiamo che non esistano.
  Si nascondeva con facilità dietro la nostra amatissima ipocrisia di lontane origini cattoliche.

 Ovviamente siccome non basta fingere che una cosa non esista perché questa scompaia (concetto non chiaro ancora a molti) gli omosessuali venivano comunque prelevati e spediti al confino, assieme ai dissidenti politici.

 E' passata la guerra, nessuno se li ricorda.

 La nostra memoria è talmente labile che ce ne dimentichiamo anche quando Scola il grande ce lo sta sbattendo in faccia: "Mastroianni tenta il suicidio perché sta per essere spedito al confine in quanto omosessuale". Bel film. Capacità di collegarlo al nostro tempo, inesistente.

 La giornata della memoria mi ha sempre fatto un po' arrabbiare perché, da un certo punto di vista, l'ho sempre trovata molto ipocrita.

 Ci battiamo il petto e piangiamo su centinaia di drammatiche storie (ogni libraio d'Italia sa la vagonata di titoli a tema Shoah che arrivano in questi giorni) e non riusciamo mai a porci una domanda:

 Se io mi fossi trovata al posto dei miei nonni o bisnonni cosa avrei fatto?
 Sarei stata in grado di difendere chi veniva deportato o me ne sarei stato zitto? 

 Ovviamente giovani menti romantiche diranno in coro: io avrei difeso gli ebrei di Roma col mio corpo! Altre menti più adulte si metterebbero in pace la coscienza con un: vabbeh, a me non è capitato evito di pensarci.

 Così si evita anche di pensare ad una seconda domanda: c'è qualcosa che non sto facendo per altri che vengono ok, non deportati, ma discriminati? C'è qualcuno di cui me ne sto fregando? C'è qualcuno che non sto vedendo?

 Non ho mai visto una riflessione del genere sulla giornata della memoria, forse perché la memoria in quel caso viene intesa solo come "ricordo del passato" e quasi mai come "ricordare per riuscire a vedere" gli altri attorno a noi, le ingiustizie, il dolore, i diritti calpestati.

 Questa impostazione ha determinato anche una memoria selettiva dei deportati. 

 Ovviamente il genocidio degli ebrei rimane la parte più drammatica e più enorme di quanto avvenne, ma non ci furono solo loro a camminare e morire nei campi di concentramento.

  C'erano anche dissidenti politici, zingari, testimoni di Geova e omosessuali.

  Perché ci ricordiamo solo dei primi?
 Per ragioni di semplici numeri o perché la nostra società non ha mai davvero affrontato il pregiudizio verso le altre categorie perseguitate? Perché ancora, soprattutto verso rom e sinti e omosessuali, c'è gente che dice e ripete le stesse identiche cose di quegli anni?

Pensate che non è poi così vero? Pensate che stia esagerando? 

 Ebbene, vi ho stilato una bibliografia sul tema dei triangoli rosa e della deportazione degli omosessuali, leggetela e alla fine ponetevi nuovamente questa domanda e vedrete che la vostra risposta, forse, non sarà la stessa.


LA BREVE VITA DELL'EBREA FELICE SCHRAGENHEIM di Erica Fischer Beit Edizioni:

 Le lesbiche durante la seconda guerra mondiale non erano solitamente comprese nelle varie leggi contro l'omosessualità (o comunque non subivano persecuzioni sistematiche).

 Non perché si fosse più morbidi verso le donne, semplicemente, al solito, c'era la convinzione che le lesbiche "non esistessero", erano solo donne che non erano state domate dall'uomo giusto.

 Perciò non ci sono molti casi di donne deportate in quanto lesbiche, se proprio non riuscivano a "domarle" venivano bollate come dissidenti o come asociali o mezze pazze, quindi comprese sotto altri triangoli non rosa.

 C'è una storia però resa famosa dall'incessante lavoro di Erica Fischer, giornalista tedesca che ha dedicato all'amore dell'ebrea tedesca Felice Schragenheim e della tedesca "ariana" Lilly Wust, un romanzo "Aimèe e Jaguar", un film omonimo (purtroppo mai tradotto in italiano), un documentario (reperibile a puntate su youtube) e questo bel libro documentario ricchissimo di materiale d'archivio edito in Italia dalla Beit edizioni.

 La storia vede protagonista una giovane e volitiva ragazza ebrea, Felice  Schragenheim.

 Molto bella, coraggiosa al limite dell'avventatezza, rifiutò più volte di scappare da Berlino nella convinzione che la guerra sarebbe finita presto e che non si sarebbe arresa a chi voleva vederla andar via dalla sua patria.

 Visse come un U-Boot (un ebreo che non andava in giro con la stella, perciò clandestino) vivendo la sua vita nel modo più libero che le fosse concesso. Aveva un gruppo di amiche molto attive, lavorò in un giornale sotto mentite spoglie passando informazioni alla resistenza, scrisse bellissime poesie e si innamorò perdutamente di Lilly Wust.  

Chi era costei? Una madre di famiglia tedesca, con quattro figli e un marito che la tradiva con un'amante fissa, al fronte. Lilly aveva sempre avuto inclinazioni lesbiche, ma insomma negli anni '30 del secolo c'era poco da rivendicare diritti e così si era sposata e aveva avuto ben quattro figli maschi meritandosi un riconoscimento al valor materno dallo stato.

  Lilly, che era una sostenitrice del nazismo di quelle che seguono l'onda, ma non sanno bene cosa questo significhi, si vantava di "riconoscere gli ebrei dall'odore" e così Felice la cui migliore amica lavorava come domestica da lei, accettò la sfida e le si presentò. Fu amore. 

Un amore fortissimo, molto passionale, enorme, che le due riempirono per i due anni scarsi che gli furono concessi di feste, lettere, promesse, poesie, infiniti ti amo, di vita insieme, fotografie audaci, uscite al fiume, vacanze e dolcezza.

 Poi, un pomeriggio, dopo aver passato una bellissima giornata al fiume (era agosto e faceva molto caldo), le due tornano a casa di Lilly dove ormai vivevano insieme dopo il suo divorzio dal marito, e trovano la Gestapo.

  Qualcuno ha tradito Felice e ne ha rivelato la vera identità. 

 La prelevano e la portano in un centro di raccolta, dopo qualche settimana inizia la sua deportazione nei campi di concentramento.
 Da lì, per mesi, scriverà lettere in cui si sforza di mantenere un tono allegro e ricorda a Lilly, che fa qualsiasi cosa per liberarla spingendosi fino ad uno dei campi a parlare con alcuni gerarchi, quanto la ami e quanto saranno felici quando tutto quell'incubo finirà.

 Morirà probabilmente in una marcia mortale tra un campo di concentramento e un altro, per il freddo e la stanchezza.

 Lilly la aspettò per anni e non si riprese mai più soffrendo per il resto della sua vita di forti crisi depressive.

E' morta pochi anni fa dopo una vita passata a rimpiangere la sua Felice.

 Nel documentario appare assieme al suo "libro delle lacrime", dove raccoglieva tutte le lettere e gli scritti che si era scambiata col suo grande amore.


DIETRO IL VETRO SOTTILE.Memorie di un ebreo omosessuale nella Germania nazista.  di Gad Beck ed. Einaudi:

Forse non tutti sanno che, prima dell'avvento del nazismo, la Germania era un paese estremamente avanzato.

  Berlino aveva una comunità omosessuale molto attiva, con locali, eventi e personaggi di spicco. 

 Nulla avrebbe mai lasciato presagire ciò che avvenne.

 L'autore di "Dietro il vetro sottile", spiazza per il tono molto ironico con cui descrive molti episodi della sua giovinezza fino ai capitoli in cui la persecuzione nazista verso gli ebrei inizia a crescere inesorabile. 

 A quel punto inizia un'altra storia, ai più sconosciuta, quella della resistenza che gli ebrei cercarono di opporre in modo confusionario e purtroppo non consapevole (Beck lascia intendere che gli ebrei non riuscirono ad organizzare una difesa perché non compresero in tempo la portata spaventosa di quello che stava accadendo). 

 Prese parte attiva al salvataggio di molti connazionali trovando loro nascondigli, favorendo il passaggio di denaro e probabilmente collaborando con spie alleate. Catturato dalla Gestapo venne deportato e torturato, salvato in tempo dalle truppe sovietiche.

 L'episodio chiave che rende incredibile la forza d'animo di Gad Beck, riguarda la morte del ragazzo che amava, Manfred Lewin. 

 Gad Beck nel tentativo di salvarlo riuscì ad infiltrarsi in un campo di concentramento travestito da nazista e a contattarlo. Tuttavia Manfred non volle abbandonare i suoi familiari e morì, lasciando Beck in una disperazione che si protrasse per anni.


IN ITALIA SONO TUTTI MASCHI di Luca De Santis e Sara Colaone ed. Kappa edizioni: 

 Come dicevo nell'introduzione, in Italia non c'è mai stata una vera e propria legge contro l'omosessualità. 

Non per nostro merito, ma per nostra ipocrisia: in Italia sono tutti maschi perciò non abbiamo bisogno di leggi per persone che non esistono. 

 Siccome però esistevano eccome, li prendevano e mandavo al confine ai dissidenti politici e no, andare al confino, non era una vacanza alle terme come sosteneva un politico qualche anno fa.

 Tra il 1938 e il 1943 molti omosessuali (che potevano essere denunciati da chiunque e come si vede anche dal film di Scola provare di non esserlo era quasi impossibile) furono imprigionati in luoghi isolati, come le isole Tremiti della graphic novel e costretti a vivere alla mercè degli abitanti, lontano dalle loro famiglie e con il marchio d'infamia sociale che mai più li avrebbe abbandonati.

 Il protagonista della storia è Antonio Angelicola, detto Ninella,  sarto partenopeo che viene deportato alle isole Tremiti e lì vive una vita sospesa che non è una vera vita. 

 Costretti a campare di espedienti, in balia dei loro carcerieri, al loro ritorno i prigionieri omosessuali furono costretti a tacere delle loro privazioni e della discriminazione perché il fascismo era terminato, ma una vita con l'ansia dell'omofobia appena cominciata.

 L'Italia era diventata sicuramente un posto migliore rispetto al famigerato ventennio, ma non per gli omosessuali e così nessuno parlò e noi, che siamo già labili di memoria, ci siamo dimenticati di ciò che fummo capaci di fare. Forse anche per questo siamo così arretrati rispetto al resto d'Europa.

 Graphic novel giustamente strapremiata, molto valida. 


COSA FU L'OMOCAUSTO: 

Cos'è stato davvero l'omocausto?

 Come e perché molti hanno dimenticato le cifre e gli orrori perpetrati ai danni di uomini (e in misura assai minore donne) omosessuali?

  Davvero fu una cosa di scarsa importanza, una vacanzina in un campo di concentramento, una scusa con cui venivano bollati dissidenti politici per poterli poi deportare? Perché non ricordiamo mai questi morti?

 Una breve carrellata sulle tappe e le motivazioni delle persecuzioni degli omosessuali possono aiutare a far luce (e a mettere un po' di terrore visto che somigliano molto ad alcuni deliri attuali).

 Sapete cosa diceva il caro Himmler in proposito?
“Dal 7 al 10% di uomini sono omosessuali. 
E se la situazione non cambia, ciò significa che il nostro popolo sarà annientato da questa malattia contagiosa... un popolo che ha molti bambini può ambire al dominio del mondo. 
Un popolo di razza nobile ma che ha pochissimi bambini possiede solo un biglietto per l'aldilà...

 Eppure in un primo momento, soprattutto grazie all'influenza del capo delle SA, Ernst Rohm, la comunità omosessuale seppur perseguitata (locali chiusi, rogo di libri di scrittori omosessuali) riteneva ancora di avere qualche speranza di non essere uno degli obiettivi del nazismo.

 Poi, Hitler decise che Rohm era un problema politico e che il suo ruolo di capo delle SA iniziasse a rappresentare un pericolo, così usò proprio la scusante della sua omosessualità e si arrivò alla notte dei lunghi coltelli, a seguito della quale la popolazione omosessuale iniziò il suo calvario.

 
Nel 1935 venne infatti inasprito il famigerato paragrafo 175 (legge contro l'omosessualità che stava per essere abolita prima della salita al potere di Hitler). Divennero più pesanti le pene, prevista la deportazione e i motivi per cui le persone potevano essere dichiarate omosessuali e colti in atti osceni. 

 Al grido di "E' una malattia", si procedette così alla deportazione e, all'interno dei campi di concentramento, vennero sottoposti a crudeli esperimenti che permettessero ai medici di scoprire il gene dell'omosessualità che doveva essere combattuto poiché i gay in quanto non in grado di procreare (vi ricorda qualcuno?) rappresentavano un pericolo per la virile popolazione tedesca. 

 Si interessò particolarmente della questione, il medico danese Carl Peter Vaernet che si dedicò ad esperimenti a base di forti iniezioni di testosterone (la grande teoria era che solo una mancanza di testosterone potesse determinare l'omosessualità) che portarono alla morte quasi tutte le sue vittime.

 Coloro che non rientrarono nel campo d'azione degli esperimenti di eugenetica, furono comunque vittime di terrificanti torture, unghie strappate, bastonate, somodomizzazione con oggetti.

 Quando la guerra finì, gli omosessuali sopravvissuti furono costretti a finire di scontare la pena prevista dal paragrafo 175 (che venne poi abolito nel 1950 nella Germania Est e rimase legge fino al 1988, seppur con modifiche, nella Germania Ovest). 

Una delle testimonianze più importanti rimane quella di Pierre Seel, l'unico omosessuale francese ad aver testimoniato sull'omocausto.

 Lo fece nel 1982 senza il sostegno della famiglia.

 Raccontò di come la Gestapo lo avesse imprigionato dopo aver scoperto il suo nome schedato tra gli "omosessuali" dalla polizia, condotto in un campo di concentramento e torturato per poi mandarlo a combattere al fronte. 

 Di tutta la sua storia, allucinante e straziante, la cosa peggiore rimane il momento in cui il ragazzo che amava fu fatto sbranare dai cani davanti ai suoi occhi.

 Questo è stato l'omocausto, non una vacanzina al confino. 

 Ora, io penso che si dovrebbe ragionare sulle motivazioni che condussero il nazismo e il fascismo a scegliere le proprie vittime. Perché gli ebrei? Perché i rom? Perché i testimoni di Geova? Perché gli omosessuali?

 E dovremmo anche ragionare sul perché alcune vittime hanno avuto diritto a più memoria, più dolore e più rispetto degli altri.

E' solo una ragione di quantità (e comunque si parla di 100.000 donne e uomini, non un numero infimo)? O c'entra con le parole, i pregiudizi e l'odio che ancora si riservano ad alcune di queste minoranze e che ci rifiutiamo di non vedere?

 Perché dire: "Quanto è bello una giornata particolare" e il giorno dopo starnazzare sulle unioni civili al bar denota una totale incapacità di capire le nostre responsabilità e il nostro ruolo nella storia.
 Se volete approfondire, questa è la bibliografia:

- "Homocaust" di Massimo Consoli, Kaos Edizioni
- "Triangolo Rosa" di Jean Ke Bitoux, Manni editore
- "Moi, Pierre Seel" di Pierre Seel, non tradotto in Italia
- "Le ragioni di un silenzio" a cura del Circolo Pink, Ombre Corte
- Il documentario "Paragraph 175"
- Il documentario "Ricordare" di Gabriella Romano

 Quanti di voi sapevano e ricordavano? E quanti di voi vedono nessi col nostro presente? Domandiamoci se questi erano uomini e donne degni di memoria e se ricordiamo davvero cosa significò il loro sacrificio.


3 commenti:

  1. Mi sono sempre chiesta perché sempre e solo gli ebrei meritino di essere ricordati in questa giornata. Ho sempre pensato che ogni anno lo si potrebbe dedicare anche a una delle minoranze colpite, approfondire le ragioni e i fatti, aprendo il ventaglio delle atrocità vissute in quel periodo.
    Immagino un insegnante che di sua iniziativa approfondisca la questione dei triangoli rosa: passerebbe un brutto quarto d'ora.
    Oggi andare in piazza per i diritti civili è un dovere, perché non possono esistere cittadini che valgono meno degli altri.

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  2. Grazie per questi consigli di lettura.

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  3. i due documentari si trovano in rete? vorrei vederli (e anche una giornata particolare)

    e vorrei leggere homocaust ^^

    p.s: io ultimamente sono stata a due aperitivi a milano organizzati da arcigay (una mia amica intervistava scrittori che presentavano i loro libri e mi ha invitato) il 21 febbraio ero in Duomo a manifestare per la cirinna' (purtroppo il 23 gennaio ero sotto esame senno' ci sarei andata) ed ho un ciondolo con scritto "ally" che indosso anche normalmente (non l'avevo agli aperitivi per dire) il prossimo giugno se riesco voglio venire al Pride, dici che e' un buon inizio?

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